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A Walt Disney Silly Symphony!

giovedì 4 dicembre 2014

Quattro Dicembre Millenovecentonovantaquattro

Il giorno del miracolo. Giocavo alla scuola calcio Vesuvio, campionato provinciale giovanissimi. 13 anni, ero mezz'ala sinistra. 
Quella partita fui impiegato, con infruttuosissimi risultati, difensore centrale, subentrato nella ripresa: la gara era contro una scuola calcio di Procida: fu la prima volta che andai su quell'isola, un peccato vederla in pieno inverno, sotto un acquazzone poderoso quale ci fu quella domenica.

Il protagonista di questa storia però non sono io. Ero un buonissimo calciatore (anche se recenti partite organizzate dopo secoli hanno mostrato una versione di me estremamente scarsa), potenzialmente anche fortino ma terribilmente fragile psicologicamente, talvolta ottimi numeri e continuità, ma quando mi prendeva la tremarella crollava tutto, sbagliavo anche i passaggi da due metri: non si potrebbe mai parlare di me.
Si parla di una partita che seguii con trepidazione in panchina, via radio. All'epoca andavo al San Paolo a vedere la Juve nelle gare esterne contro il Napoli, non c'erano altre vie: Tele + era ancora una realtà emergente e per di più trasmetteva solo una partita a settimana. 

La radio ancora primeggiava, e via radio seguivo con trepidazione la partita in casa contro la Fiorentina. Dopo mezz'ora si era già sotto di due gol, sembrava finita. Il Vesuvio invece vinceva 3 a 0 e la partita era in discesa. 
Entrai, tesissimo per il ruolo totalmente estraneo alle mie caratteristiche ma anche per la Juve, una squadra che per ironia della sorte non avevo mai visto vincere il campionato da quando ne ero diventato tifoso, e che in quell'anno - dopo qualche mese - iniziava a mostrare di poter tornare quella di un tempo.

Ma quel giorno si perdeva. La mia prestazione fu pessima, ma il Vesuvio vinse ugualmente. Si torna negli spogliatoi, non so nulla, do per certa la sconfitta della Juventus. Un compagno di squadra rimasto in panca mi dice sorridendo "Stelio, la Juve ha vinto 3 a 2". Non riuscivo a crederci, mi sembrava impossibile: pensai a uno scherzo, a quell'età ne nascevano per ogni scemenza, e l'antijuventinità di cui si sostanziava l'ambiente napoletano spesso lasciava pensare a qualcosa del genere.

Per tutto il tragitto verso l'aliscafo che doveva riportarci a Napoli, continuai a tempestare: "Ma è vero? Dai non dire cazzate, mi stai prendendo in giro". TV dell'aliscafo, parte 90 minuto. 

Segnale disturbato come sempre, ma si dipana davanti agli occhi la straordinaria impresa, la doppietta di Vialli (uno dei più grandi attaccanti della storia, probabilmente il Van Basten italiano insieme a Riva) e nel finale quella gemma, quel tocco vellutato di esterno al volo, probabilmente anche fortunoso ma sicuramente cercato: è la quarta grossa perla dell'emergente Alessandro Del Piero di quell'anno. Quelle di Napoli e Roma contro la Lazio per me non sono mai valse allo stesso modo. Un gol incredibile che ricordo come se fosse ieri, anche perchè l'ho riguardato miliardi di volte. 

La rete che, forse, simboleggia meglio di qualunque altra il ritorno della Juve alla vittoria dopo 9 anni di delusioni: quegli anni in cui io, calciatore forse buono ma troppo debole mentalmente, iniziavo a prendere confidenza con il pallone. Al termine di quello sciagurato scarso decennio, qualcun altro scriveva la storia.



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