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A Walt Disney Silly Symphony!

domenica 31 maggio 2015

Gli scandali non accertati della FIFA, l'eccessivo spazio a Moreno e un vittimismo inventato

L'espulsione di Totti durante Corea del Sud - Italia (18/06/2002)
E' certo che la rielezione di Blatter a presidente della FIFA dopo le ultime vicissitudini lascia l'amaro in bocca, pur nella sua prevedibilità, a tutti coloro che hanno imparato a disprezzare la massima autorità del calcio negli ultimi anni. Noi italiani ci ricordiamo di lui per due vicende: la prima è lo scandaloso Mondiale coreano-giapponese del 2002, da quale siamo stati buttati fuori a calci senza troppi complimenti e con mezzi ben poco ortodossi; la seconda è la mancata consegna della Coppa del Mondo quando trionfammo a Berlino nel 2006.

Tralasciando il secondo episodio, che in fondo fu anche soddisfacente per le modalità con cui si sviluppò, sul Mondiale 2002 ha sempre dominato nell''immaginario collettivo la figura di Byron Moreno, l'arbitro ecuadoriano famoso per l'arbitraggio colorito dell'ottavo di finale tra Corea del Sud e Italia di quel maledetto 18 giugno 2002. Fischi costantemente a senso unico, espulsione di Totti senza ragione e (nessuno se lo ricorda, non si sa perchè) un golden goal di Damiano Tommasi nel secondo tempo supplementare ben precedente a quello decisivo di
Ahn Jung-Hwan al '117. Per chi non lo ricordasse, il golden goal consisteva nell'assegnazione della vittoria al primo che segnasse nei supplementari di una gara ad eliminazione diretta. Poi tutti a parlare di vittimismo all'italiana, in modo non solo masochistico ma senza alcun precedente storico.

Non mi risulta che dopo la figuraccia nel mondiale messicano del 1986 i media italiani abbiano mai parlato di complotto o di arbitraggi scandalosi, non mi risulta che sia avvenuto per la mancata qualificazione agli Europei del 1992 in Svezia, non mi risulta che si sia detto nulla dopo la figuraccia dell'Europeo inglese del 1996 dove fummo eliminati al primo turno, e nemmeno mi risulta, dopo il mondiale coreano, che qualcuno abbia gridato allo scandalo complottista dopo un'altra figuraccia, quella dell'Europeo del 2004 in Portogallo (a stento si accennò, ma qualcuno se ne vergognava perfino, del biscotto tra Danimarca e Svezia).
Veniamo da due eliminazioni al primo turno, sia ai mondiali del Sudafrica 2010 che in quelli brasiliani della scorsa estate: se c'è qualcosa di grosso che qualcuno lo tiri fuori, perchè io ricordo qualche protestuccia, del tutto innocua e anche naturale, per l'arbitraggio di Uruguay-Italia dello scorso giugno, ma niente che pregiudichi il giudizio negativo della spedizione sudamericana.  Insomma, dove si ritrova questo famigerato vittimismo italico? Non si capisce, non c'è materia, però dall'estero come dall'interno, è una storia che continua ad avere il suo trascendente fascino: sì, trascendente, visto che c'è gente che non crede in Dio ma verso questa storiella mostra una professione di fede del tutto simile a quella religiosa, senza avere nessun riscontro che oggettivamente la confermi.

Poi c'è un'altra questione. Perchè, sia per quanto ci riguarda che come visione generale, si parla solo della partita con la Corea del Sud, che tra l'altro è stata addirittura meno scandalosa delle precedenti giocate dalla nostra nazionale contro  Croazia e Messico?
Quell'Italia giocò nervosa dalla seconda partita in poi. Nella prima gara con l'Ecuador dimostrò in scioltezza di poter essere, e nettamente, la squadra più forte del torneo, sia come organico che come proposizione di gioco. Avevamo di fronte il vivaio eccezionale venuto fuori negli anni Novanta, giunto alla piena maturità per arrivare al titolo: questo nonostante da quella incredibile fucina di talenti mancasse qualche pezzo grosso già in fase di pensionamento (basti pensare a Baggio e Zola che erano ormai usciti dal giro della nazionale da qualche anno).

Dalla Croazia in poi è cambiato tutto, ma non diventa più valutabile la situazione di per sè, perchè ne successero troppe, 5 reti annullate in 3 partite: due contro i balcanici, due contro il Messico (non dimenticando che, come dicevo in fase introduttiva, nessuno si ricorda della rete di Tommasi contro la Corea). In realtà un piccolo "squillo" si era avuto anche contro l'Ecuador, quando un fuorigioco clamoroso della squadra sudamericana non venne fischiato col rischio di far riaprire il match: ma Buffon, per fortuna, vanificò ogni possibile conseguenza.


La partita arbitrata da Moreno fu pessima ma, incredibile a dirsi, rispetto alle due precedenti si potrebbe quasi considerare normale: se non altro di rete annullata per fuorigioco ce ne fu una soltanto, in un contesto "quasi omologato" mentre è davvero incredibile vedere tante bandierine alzate per una formazione che, nei fatti, era una macchina da gol sul serio: ma mi spiegate quante squadre segnano 9 gol in tre partite di girone e gliene vengono eliminate quattro?
E' una storia senza precedenti tanto nella storia dei mondiali che del calcio in generale, e lo dicono i numeri: nemmeno nelle edizioni più dubbie come Argentina '78 e Inghilterra '66 è mai successo niente di simile...per non parlare di altre edizioni casalinghe "standard" come Italia '34 e Germania '74.

L'Italia non fu la sola vittima di quel coacervo di impudicizie sportive, anche se fu la più risonante, sopratutto per il livello di tasso tecnico che esprimeva sin dalle prime partite.
L'altro scandalo furono i tabelloni, costruiti per facilitare in modo incredibile il cammino del Brasile: i verdeoro partono con un girone insieme a Turchia, Cina e Costarica: e vengono spinti subito, grazie a un rigore regalato contro i primi nella gara d'esordio. Poi, anche grazie al cammino vellutato che si dipanava davanti, nient'altro fino agli ottavi, dove pure i carioca vengono clamorosamente aiutati  contro il Belgio: a dispetto del risultato apparentemente tondo di 2 a 0, quella partita aveva visto il vantaggio belga segnato da Willmots e
annullato per un fuorigioco inesistente dal jamaicano Peter Prendergas.
 
Senza dimenticare il Portogallo, che nel girone si ritrova proprio la Corea, perde in modo strano con gli Stati Uniti e poi con i padroni di casa in modo ancora più strano, anche a causa di un'esplusione inesistente. Altro furto quello subito dalla Spagna nei quarti dopo di noi, in una gara condotta artificiamente ai rigori (due le reti, tanto per cambiare regolari, annullate agli iberici). Memorabile il titolo del quotidiano spagnolo AS che, il giorno dopo la clamorosa disfatta, si rimangiava le critiche al vittimismo italiano con un sonante: "Italia tènia razòn! Robo!"

Copertina di AS il giorno dopo l'eliminazione iberica (23/06/2002)

Insomma, una serie infinita di stranezze e di iniquità in pochissimi giorni da cui si salvò per sua fortuna solo la modestissima Germania che però - buon per lei - si ritrovò in un lato del tabellone tranquillo senza incroci pericolosi, tranne quello con la Corea che però, ormai, aveva già raggiunto il proprio scopo.

L'intento di quel torneo per me è fin troppo chiaro da anni. Provando a fare una ricostruzione basata esclusivamente sugli episodi e soprattutto sulla loro periodicità (e ben consapevole che sarebbe un'utopia venire a conoscere la verità un giorno o l'altro), grosso modo le cose potrebbero essere andate così.

I due obiettivi principali erano far fare alla Corea una gran bella figura e consegnare la coppa al Brasile. I co-padroni di casa, probabilmente, erano destinati ai quarti: poi, con l'appetito che proverbialmente vien mangiando, qualcuno ha pensato di aggiungere la Spagna all'elenco delle vittime. Possibile che sia stata una "decisione" presa in corsa, insomma.
 
Per realizzare tale disegno senza troppi patemi era imperativo, in un modo o nell'altro, eliminare l'Italia, che, per sua sfortuna, si trovava nel lato del tabellone possibilmente incrociabile con la Corea nella seconda fase. Nelle previsioni i sud-coreani, pur aiutati, potevano arrivare secondi e l'Italia, dopo lo scintillante esordio con l'Ecuador, forse prima. Quindi era il caso di fare fuori senza troppi pensieri gli azzurri, ma i piani sono andati "al contrario" in ogni senso. La Corea, obbligata a vincere contro il Portogallo, non può più lasciare spazio a calcoli e arriva sorprendentemente prima. L'Italia, che ne segna 4 alla Croazia e 3 al Messico, si vede annullare 4 reti in due partite ma, grazie alla rete di Del Piero allo scadere contro i messicani, riesce ad arrivare seconda. Insomma, la frittata è fatta, e l'ottavo da evitare diventa inevitabile. Da lì è storia che, in casa nostra, conosciamo bene.

Dall'altro lato, il Brasile doveva arrivare passeggiando in finale. Una cosa che, pur agilmente, avvenne con qualche intoppo di troppo: prima l'esordio complicato contro la Turchia e poi gli ottavi con il Belgio, entrambi già citati prima.
 
In mezzo, la fortunata e placida Germania: forse una delle rose più deboli della storia dei tedeschi che però giunge all'atto finale grazie ad un percorso che, per loro buona sorte, non incrocia la Corea prima delle semifinali, quindi ampiamente sopra gli obiettivi posti dall'entourage della nazionale asiatica e dagli organizzatori del torneo.

Chiudo con una considerazione storica: seguo i mondiali dal 1990 e non ho nessuna remora a dire che non mi sento di discutere nessun esito visto in 25 anni. Non mi sento di mettere in dubbio i successi della Germania nel  '90, del Brasile nel '94, della Francia nel '98, dell' Italia nel 2006, e di Spagna e nuovamente Germania nel 2010 e nel 2014: ciò a parte episodi singoli che possono sempre capitare. Ma di quell'edizione c'è davvero da bruciare ogni traccia. Perchè gli episodi furono tanti, e concentrati in pochissimi giorni.

Ma sui lidi italici si faceva autocritica di vittimismo. E i soliti santoni del passato italiano si ergevano a moralisti, una costante che, con fastidio, si ripete in tutte le epoche. In questo caso mi sento solo di dire che vorrei tanto guardare in faccia quel Gianni Rivera che, con tanta puzza sotto al naso, in TV all'epoca disse: "E' un complotto? Dimostriamolo!".

Meno male che qualche italiano orgoglioso ogni tanto fa sentire la propria voce, in quel caso rappresentata dalla penna della buon'anima di Giorgio Tosatti, che sul Corriere della Sera scrisse nel suo editoriale una frase abbastanza esplicita: "Questo è un mondiale sporco". Grazie per averlo capito con 13 anni di anticipo, caro Giorgio.



mercoledì 27 maggio 2015

Contro le mode tragiche, per un recupero di vera solidarietà



Stasera un'auto in fuga guidata da tre rom è partita a razzo per sfuggire alla Polizia, ha investito sette persone uccidendo una donna nei pressi della Metro Battistini. Ma non voglio parlare di questo. Sulla morte (con buona pace di coloro che sovente ripetono "che non accada mai più!" ad ogni tragedia con fare indignato) non c'è molto da provvedere, come non c'è da recriminare per le modalità di un episodio avvenuto in modo del tutto insolito (la fuga, l'accellerazione, l'inseguimento, roba veramente da film, in questo caso dell'orrore).
In serata, in uno dei numerosi gruppi di quartiere che affollano i social come facebook (nella fattispecie di Casalotti, quartiere prossimo a Via Battistini), è venuto fuori questo prevedibilissimo post:



Cosa mi fa pensare? Che sarebbe ora di aprire, seriamente, una battaglia convinta contro le fiaccolate. Per lo meno da un punto di vista sistematico. Cosa credono di fare questi signori? Cosa diamine vuol dire "non lasciateci soli"? Soli per cosa? Per fare una passeggiata con le fiaccole a protestare contro i criminali, i malfattori e gli assassini? Credono davvero di restituire la vita alla povera signora?

No perchè se si può comprendere una protesta legislativa, una marcia per ottenere un provvedimento specifico, o situazioni talmente grosse che non possono suscitare una reazione di massa (l'uccisione di un Falcone o Borsellino, per fare esempi noti), queste burle moraliste dalla consistenza pari alla carta velina, oltre a fare sorridere, dimostrano ancora una volta la superficialità del mondo che viviamo.

giovedì 21 maggio 2015

Follia napoletana 2.0

Tornelli e ingresso della stazione Metro di Piazza Municipio, Napoli

Sembra venire su veramente bella la nuova stazione di Piazza Municipio a Napoli che sarà inaugurata il 23 maggio con la presenza del premier Matteo Renzi. Non mancano sul web i soliti commenti di provetti artisti e designer, tutti napoletani, indignati, inorriditi, schifati, per tutto e per il nulla.  

Gente (al di là delle proprie lauree in architettura e design abilmente occultate fino a quando non ci sono queste occasioni) estremamente repressa, nell'opinione di chi scrive, a livelli talmente alti da mettersi a discutere una delle poche opere pubbliche fatte in una città che dovrebbe camminare visivamente almeno quanto non fa in tanti, troppi altri aspetti, come ha fatto in passato e come dovrebbe continuare a fare in futuro. La follia di questi signori si basa, probabilmente, sulla malsana idea che apprezzare le nuove stazioni metropolitane comporti una sorta di smentita di tutto ciò che non va nella città (ossia il 90% delle cose, non nascondiamoci), dal malfunzionamento del mezzo stesso, all'inciviltà della popolazione e a tutto il resto, incluse le critiche al sindacaccio De Magistris, tra l'altro non meritevole direttamente di praticamente nulla in questo caso poichè i progetti Metro a Napoli hanno radici (e di quello ci sarebbe da protestare, non delle scemenze) ben lontane. Estrapoliamo qualche illuminato commento dai social network, come facemmo già qualche mese addietro in occasione dei primi annunci sull'apertura della stazione e della diffusione dei primi artwork:

1-Noi siamo sinceri, e sinceramente ci sembra un'opera progettata male, e realizzata peggio, sia esteticamente, che funzionalmente, una distesa di "pietra ollare" senza verde, senza aiuole senza panchine, con pochi timidi alberelli piantati li giusto "per far vedere" insomma sinceramente non ci piace, non è fruibile, non è.
2-questi gli inetti progettisti che prendono incarichi per amicizie e parentele piuttosto che per merito.....individuate i nomi, pubblicateli e sputtanateli inesorabilmente..... soltanto cosi faremo un servizio utile alla comunità diversamente questi geni faranno carriera immeritata e andranno anche ad infilare nel curricula la fontana di p.zza municipio come vanto di intellighenzia architettonica, mentre in realtà credo dovrebbero fare i manovali nel prossimo cantiere.
3-La striscia di asfalto attorno all'area di piazzale squallor della fontana derelitta servirà molto probabilmente per il parcheggio selvaggio di motorini , moto e auto di quelli 'e copp 'o cummune. E' stato sempre uno dei tanti tratti vergognosi di questa città sciatta quello del parcheggio dei notabili di palazzo San Giacomo sotto il palazzo. 

E quando sono Stazioni dell'Arte fanno schifo (ci vuole coraggio per dirlo per fermate come Dante o soprattutto Toledo, precisando che nemmeno al sottoscritto piacciono tutte: ma non è certamente quello il punto), e quando lo stile è normalissimo come in questo caso manco va bene, insomma, come al solito, la Follia è servita.

Ho mischiato i primi commentini che mi sono trovato davanti, tra l'altro ben bilanciati tra teste completamente semi-vuote (il secondo commento che spaccia il suo gusto personale come parametro di giudizio estetico è fenomenale, dobbiamo veramente fare tutti gli esempi di architettura moderna su città di concezione antica?), provetti giardineri come quelli del primo commento che ignora l'esistenza degli alberi appena piantati nel nostro pianeta, a persone pure molto intelligenti di mia conoscenza, come quella del commento numero tre: cosa c'entra, santissimo Signore perdonami per la bestemmia, l'inciviltà dei napoletani con la bontà di un'opera pubblica?

Non mi pare che nessuno abbia fermato in alcuna altra città l'architettura per questi motivi, non mi pare che altre città del mondo non abbiano aggiornato il proprio aspetto nel corso dei secoli, Napoli inclusa. Ora basta. Si pensi a punire gli incivili e ai problemi Seri e non a prendersela per, insisto, Sciocchezze come queste. Perchè di tali si tratta.

Poi è totalmente inutile (intendo, completamente, scientificamente, totally) spiegare a queste persone che la Metro, dell'Arte o dello sciatto che sia, bella, brutta o guardabile, non è efficiente a livello europeo in base al proprio aspetto, al suo costo di costruzione o di altro. Niente, è come parlare al muro.

Il sottoscritto è, ovviamente, contro gli sprechi, e, mi spiace, non ritiene uno spreco un investimento sull'estetica, specie in una città come Napoli. Poco importa se poche altre città al mondo hanno seguito una strada simile, non sto a vedere sempre cosa fanno gli altri (vizio che contraddistingue le italiche genti, in particolar modo meridionali).
Tutto questo non c'entra nulla con il fatto che la gente sia incivile e che potrebbe rovinare molto presto la piazza, non c'entra nulla con il fatto che la metro non parta con frequenze (ad oggi) accettabili, non c'entra nulla che i costi saranno stati eccessivi così come i tempi, non c'entra nulla con il fatto che il centro storico partenopeo cada a pezzi da anni.
Se qualcuno ce la fa a capire questi appunti dalla semplicità imbarazzante è bene, altrimenti vuol dire che alla mia considerazione iniziale sulla mancanza di lucidità c'è da appore anche l'ennesima conferma che quando l'esasperazione ha radici culturali molto profonde come, purtroppo, avviene in questo Paese e soprattutto nelle sue aree più degradate, si raggiunge una nebbia mentale addirittura patologica.

Ha ragione chi dice che a Napoli non esiste speranza. I motivi sono ovvi, ma oltre alla disonestà e alla stupidità della gente ci sono delle novità: la depressione distruttiva ha contagiato anche gli intelligenti.
E ha espanso i suoi tentacoli pure dove non ha nessuna utilità critica, come in questo caso.

In tutta onestà: ripigliatevi!


sabato 9 maggio 2015

Je suis Ilan e il mistero del semitismo esclusivamente ebraico

Ilan Halimi

Ho avuto modo di vedere il film documentario Jes suis Ilan, basato sulla triste storia del povero ragazzo ebreo Ilan Halimi, rapito e poi morto su un binario ferroviario a Sainte-Geneviève-des-Bois, nel dipartimento di Ensonne, a Parigi, ad appena 24 anni.

Halimi era nato a Casablanca ma era parigino di adozione e, considerate le regole di nazionalità transalpina (unico Paese in Europa ad applicare lo Ius Soli) francese a tutti gli effetti. Viveva con la madre separata e con le due sorelle, di professione era venditore di cellulari. Venne rapito il 21 gennaio 2006 prima di essere trovato, agonizzante e con il corpo ustionato, ad Ensonne il 13 febbraio: giorni di reclusione, tortura e digiuno che sono stati raccontati anche nel libro 24 giorni: La verità sulla morte di Ilan Halimi, scritto dalla madre Ruth Halimi e nelle librerie dal 2010.

Non c'è ovviamente da obiettare nulla su una tragedia che ha rovinato, per sempre, la vita di un'intera famiglia, su una ferita che non si rimarginerà mai, non solo per il lutto (che di per sé non ha margini di sanabilità in generale, e parlo per esperienza personale) ma per il barbaro modo in cui questo si è consumato.
Quello che stupisce della storia di Halimi sono le conclusioni alle quali è giunta la stampa, la stessa famiglia e il tribunale nel quadro delle responsabilità. Non ci si è limitati ad accusare i rapitori di sequestro, omicidio e quant'altro (com'è indiscutibile, ma sarebbe più corretto rincarare con "inoppugnabile"), ma è stata riconosciuta anche l'aggravante di antisemitismo. Ora, a prescindere dall'equivoco terminologico che, mi auguro al più presto, finisca sull'associazione della parola all'ostilità verso gli ebrei (per chi ancora non lo sapesse, i semiti sono tutti i gruppi etnici collegati a lingue di medesimo ceppo, quindi anche arabi e, tra le minoranze, i maltesi: di conseguenza non ha alcun senso etimologico indicare l'aggettivo "antisemita" come sinonimo di antiebraismo), analizziamo le dinamiche del sequestro per cercare di capire cosa possa aver indotto i giudici a dichiarare valida questa ipotesi.

Yossouf Fofana, il capo della banda dei barbari
I rapitori di Halimi si facevano chiamare la banda dei barbari, un gruppo di 27 persone guidato da Youssouf Fofana, un fondamentalista islamico di origine ivoriana. Stando agli accertamenti avvenuti dopo e durante il sequestro, nonchè dalle numerose telefonate che Fofana fece in quei tragici giorni al padre di Ilam per chiedere il riscatto, il motivo principale per la scelta della persona da rapire era, banalmente, la sua provenienza ebraica ma non tanto per una questione razziale, bensì economica.
In parole povere, Ilam veniva sequestrato perchè, a giudizio di Fofana e dei suoi complici "gli ebrei sono ricchi e si aiutano tra di loro". Un pensiero, basato su ignoranza e su povertà intellettuale, che però non dimostra alcuna correlazione oggettiva con il fatto che Fofana fosse un "fondamentalista" (questione tra l'altro da accertare, a meno che una provenienza religiosa unita ad un'attività criminale possano bastare a tale qualifica: usando lo stesso metro si potrebbero qualificare i mafiosi e gli ndranghetisti come fondamentalisti cattolici, ad esempio).
Altro aspetto da sottolineare è l'entità del riscatto: Fofana parte "sparato" pretendendo 450.000 euro, ma in uno degli ultimi giorni arriva a chiederne appena 5.000.
Ancora: le circostanze che hanno portato alla morte, confermate dall'autopsia, dicono che Halimi non è stato ucciso direttamente, ma torturato per più di venti giorni, fatto digiunare (allo scopo di non fargli produrre alcun tipo di escremento organico, visto che i rapitori non avevano voglia di fare alcun tipo di pulizia) e, infine, ustionato in circa l''80% del corpo e abbandonato vicino al luogo del ritrovamento. Gli stessi medici legali confermarono che "nessun colpo è stato mortale", comunicando i dati delle analisi.
Infine, i precedenti "fondamentalisti" di Fofana e della sua banda. Si parla di circa 14-15 episodi precedenti, ma non ne vengono specificati i dettagli. Nello speciale di Virus dedicato alla tragedia del giovane franco-marocchino si parla, come al solito, di antisemitismo a nastro, dandolo come dato scontato.

In che modo un rapimento ai danni di una famiglia di classe sociale-etnica-religiosa solitamente ritenuta benestante (non solo da Fofana, ma da tanti altri rudi criminali in giro), un riscatto preteso prima in numeri imponenti e infine quasi ridicoli, una morte avvenuta in seguito a conseguenze indirette, per non parlare delle modalità di arresto del gruppo in Francia, come di Fofana in Costa d'Avorio, possono essere considerati frutto di antisemitismo?

E' un mistero che deve essere spiegato ogni volta, ma permane la sensazione, in questo come in altri casi, che le tragedie che in qualche modo colpiscono gli ebrei vengano sempre accresciute (talvolta o spesso in modo vergognoso) dal presunto odio razziale o sociale che in altri casi simili non viene certamente enfatizzato con tanta solerzia.