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sabato 9 maggio 2015

Je suis Ilan e il mistero del semitismo esclusivamente ebraico

Ilan Halimi

Ho avuto modo di vedere il film documentario Jes suis Ilan, basato sulla triste storia del povero ragazzo ebreo Ilan Halimi, rapito e poi morto su un binario ferroviario a Sainte-Geneviève-des-Bois, nel dipartimento di Ensonne, a Parigi, ad appena 24 anni.

Halimi era nato a Casablanca ma era parigino di adozione e, considerate le regole di nazionalità transalpina (unico Paese in Europa ad applicare lo Ius Soli) francese a tutti gli effetti. Viveva con la madre separata e con le due sorelle, di professione era venditore di cellulari. Venne rapito il 21 gennaio 2006 prima di essere trovato, agonizzante e con il corpo ustionato, ad Ensonne il 13 febbraio: giorni di reclusione, tortura e digiuno che sono stati raccontati anche nel libro 24 giorni: La verità sulla morte di Ilan Halimi, scritto dalla madre Ruth Halimi e nelle librerie dal 2010.

Non c'è ovviamente da obiettare nulla su una tragedia che ha rovinato, per sempre, la vita di un'intera famiglia, su una ferita che non si rimarginerà mai, non solo per il lutto (che di per sé non ha margini di sanabilità in generale, e parlo per esperienza personale) ma per il barbaro modo in cui questo si è consumato.
Quello che stupisce della storia di Halimi sono le conclusioni alle quali è giunta la stampa, la stessa famiglia e il tribunale nel quadro delle responsabilità. Non ci si è limitati ad accusare i rapitori di sequestro, omicidio e quant'altro (com'è indiscutibile, ma sarebbe più corretto rincarare con "inoppugnabile"), ma è stata riconosciuta anche l'aggravante di antisemitismo. Ora, a prescindere dall'equivoco terminologico che, mi auguro al più presto, finisca sull'associazione della parola all'ostilità verso gli ebrei (per chi ancora non lo sapesse, i semiti sono tutti i gruppi etnici collegati a lingue di medesimo ceppo, quindi anche arabi e, tra le minoranze, i maltesi: di conseguenza non ha alcun senso etimologico indicare l'aggettivo "antisemita" come sinonimo di antiebraismo), analizziamo le dinamiche del sequestro per cercare di capire cosa possa aver indotto i giudici a dichiarare valida questa ipotesi.

Yossouf Fofana, il capo della banda dei barbari
I rapitori di Halimi si facevano chiamare la banda dei barbari, un gruppo di 27 persone guidato da Youssouf Fofana, un fondamentalista islamico di origine ivoriana. Stando agli accertamenti avvenuti dopo e durante il sequestro, nonchè dalle numerose telefonate che Fofana fece in quei tragici giorni al padre di Ilam per chiedere il riscatto, il motivo principale per la scelta della persona da rapire era, banalmente, la sua provenienza ebraica ma non tanto per una questione razziale, bensì economica.
In parole povere, Ilam veniva sequestrato perchè, a giudizio di Fofana e dei suoi complici "gli ebrei sono ricchi e si aiutano tra di loro". Un pensiero, basato su ignoranza e su povertà intellettuale, che però non dimostra alcuna correlazione oggettiva con il fatto che Fofana fosse un "fondamentalista" (questione tra l'altro da accertare, a meno che una provenienza religiosa unita ad un'attività criminale possano bastare a tale qualifica: usando lo stesso metro si potrebbero qualificare i mafiosi e gli ndranghetisti come fondamentalisti cattolici, ad esempio).
Altro aspetto da sottolineare è l'entità del riscatto: Fofana parte "sparato" pretendendo 450.000 euro, ma in uno degli ultimi giorni arriva a chiederne appena 5.000.
Ancora: le circostanze che hanno portato alla morte, confermate dall'autopsia, dicono che Halimi non è stato ucciso direttamente, ma torturato per più di venti giorni, fatto digiunare (allo scopo di non fargli produrre alcun tipo di escremento organico, visto che i rapitori non avevano voglia di fare alcun tipo di pulizia) e, infine, ustionato in circa l''80% del corpo e abbandonato vicino al luogo del ritrovamento. Gli stessi medici legali confermarono che "nessun colpo è stato mortale", comunicando i dati delle analisi.
Infine, i precedenti "fondamentalisti" di Fofana e della sua banda. Si parla di circa 14-15 episodi precedenti, ma non ne vengono specificati i dettagli. Nello speciale di Virus dedicato alla tragedia del giovane franco-marocchino si parla, come al solito, di antisemitismo a nastro, dandolo come dato scontato.

In che modo un rapimento ai danni di una famiglia di classe sociale-etnica-religiosa solitamente ritenuta benestante (non solo da Fofana, ma da tanti altri rudi criminali in giro), un riscatto preteso prima in numeri imponenti e infine quasi ridicoli, una morte avvenuta in seguito a conseguenze indirette, per non parlare delle modalità di arresto del gruppo in Francia, come di Fofana in Costa d'Avorio, possono essere considerati frutto di antisemitismo?

E' un mistero che deve essere spiegato ogni volta, ma permane la sensazione, in questo come in altri casi, che le tragedie che in qualche modo colpiscono gli ebrei vengano sempre accresciute (talvolta o spesso in modo vergognoso) dal presunto odio razziale o sociale che in altri casi simili non viene certamente enfatizzato con tanta solerzia.

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