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A Walt Disney Silly Symphony!

martedì 1 febbraio 2022

Ogni pretesto è buono per continuare a Creare (It Takes Two)



Non me l'aspettavo. Non così. Non in modo così dirompente, deflagrante. Avevo visto un video di It Takes Two, di gameplay, su youtube. Quello sì. E mi era piaciuto. Avevo capito che volevo giocarlo, volevo, come si suol dire, "vedere le carte".  Del signor Josef Fares avevo giocato soltanto Brothers: A Tale of Two Sons, ormai quasi dieci anni or sono. Bel titolo, creativo, profondo il giusto. Me lo gustai con piacere. Ma se devo essere sincero, non mi è rimasto impresso come avrebbe dovuto. 

Sensazioni personali, squarci, certamente. La qualità era sopraffina già allora. Non so quanto c'entri il signor Fares nello sviluppo di It Takes Two, ma è certo che Hazelight Studios sia una sua creatura. 

Tagliamo corto, comunque, dicendo cose che il resto del mondo sa già (visti anche i premi ricevuti), ma che io - da persona che non segue più il mondo dei videogiochi come un tempo e che ormai ne scrive veramente poco - mi diletto semplicemente a mettere su carta per il piacere di farlo, non avendo paura di essere volgare: It Takes Two è un cazzo di fottuto capolavoro che va oltre ogni sorpresa immaginabile.

Se nelle dinamiche fisiche del puro platform il gioco non raggiunge chissà quali parametri particolari (essendo in fondo piuttosto standard), nel level design siamo di fronte a qualcosa di veramente maestoso, illuminante e creativo come capita di rado.

E la cosa colpisce ancora di più allo stomaco considerato che la prima metà del gioco è sì bella, sì esprimente una qualità già eccellente, ma viene completamente rivoltata da una seconda dove il livello della creazione, delle idee e anche delle - dovute - citazioni diviene così alto, così vario, da non crederci. It Takes Two sarà composto da nove livelli (onestamente non ho contato, ma mi pare così e sto scrivendo di getto) che sono identificabili tranquillamente come nove giochi diversi.

Perché sì, ogni livello riscrive le regole, le dinamiche e perfino le meccaniche con la facilità con la quale si beve una bella tazza di tè la sera, prima di andare a nanna, col freddo invernale di fuori della propria dimora. Anzi, non contento, il gioco degli Hazelight decide, in alcuni degli ultimi quadri di riscriverle addirittura ogni sezione, le regole. Si gioca con la fisica, con la gravità, con il magnetismo, con il tempo, con quello che vi pare. In una sezione ci si troverà addirittura a giocare a un clone di Diablo. Così, perché ci piace. Ogni pretesto è buono per continuare a creare. Che sberla.

Limiti? Difficile a dirsi. Forse una colonna sonora onestamente anonima (a parte il blues/jazz dell'ultimo quadro, splendido), e forse una eccessiva generosità nei checkpoint (potevano essere un po' più cattivi). Ma sono veramente minuzie. Chi ha fatto questo gioco, probabilmente, era "fatto" anche lui.