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A Walt Disney Silly Symphony!

martedì 23 dicembre 2014

Un genere che non vuole morire: Ron scelgo te!

Non ho mai condiviso l'idea standardizzata del gameplay come approccio fisico al joypad. Per meglio dire, considero il pad il primo vero impatto del videogioco, ma secondo me la definizione di gameplay andrebbe rivista in favore di una più corretta descrizione della "meccanica di gioco" o "azioni da compiere per proseguire". In virtù di questa idea, non ho mai approvato le affermazioni di chi ha sempre bollato le avventure grafiche "senza gameplay", alla stregua di gran parte dei jrpg e di molti film interattivi alla Heavy Rain o Beyond: Two Souls. Nelle avventure il gioco non è solo la trama come dicono in molti: c'è anche la storia, ma la base per andare avanti è risolvere enigmi, puzzle, interagire con l'ambiente circostante e perdersi al suo interno. Insomma, il gioco c'è eccome, come c'è nei videogiochi strategici (non in tempo reale) anch'essi vittime di questa discriminazione videoludica, ma loro sono un'altra storia.

Intesi sul fatto che un'avventura grafica non sia un prodotto senza gameplay come film interattivi e - soprattutto - i jrpg, c'è da fare i conti con una verità inoppugnabile detta dai detrattori del genere sulla quale invece mi sento di concordare pienamente: la limitatezza storica della formula.
Le avventure grafiche hanno prosperato in un'era di ancora relativa arretratezza del videogioco, in cui l'immaginazione e le prime interazioni virtuali davano l'impressione di vivere realmente in una realtà alternativa. Si sono concentrate su un singolo aspetto del videogioco, esprimendolo al massimo, ma esso veniva progressivamente fagocitato da generi più complessi, RPG di stampo occidentale  o avventure "lisce" che fossero. Il declino, superata quella era, è stato inevitabile.

Da qualche anno ci sono piccoli segnali di rinascita: nulla che possa portare il genere alla massa, ma se non altro a tenere vivo l'interesse di chi, come chi scrive, è un amante ancora oggi, pur non avvertendo più quel senso di immedesimazione e di libertà degli anni d'oro. Il DS con titoli come Hotel Dusk e Last Window ha dato una grossa mano, ma secondo me l'apice che quasi ha rinverdito i fasti dei primi anni '90 è stato il primo atto di Broken Age di Tim Schafer. Lì ho avuto davvero la sensazione di essere tornato ai tempi dei Monkey IslandDay of the Tentacle, l'autore ha calato l'asso e confezionato un'avventura bella tosta, immersiva, con degli enigmi molto progressivi (anche se un po' semplici).

Il prossimo in lista è Thimbleweed Park, avventura grafica di Ron Gilbert e Gary Winnick, che ripropone lo stesso impatto grafico del primo Maniac Mansion, quindi roba datata 1987, ben 27 anni fa. Il gioco, che ha raggiunto l'incredibile cifra di oltre 600.000 dollari di donazioni su Kickstarter, è previsto per il giugno 2006. 
Cifre così elevate per un titolo che, in tutta onestà, non ne richiederebbe neanche la metà, dimostrano l'interesse ancora vivo per le avventure grafiche. C'è vita anche su Marte.
E poi la moda di riproporre giochi nuovi con engine o librerie volutamente datate (nata con Mega Man 9) mi trova francamente favorevole, se stilisticamente accattivanti: la grafica è un concetto relativo da una buona decina d'anni per il sottoscritto, ovviamente è in grado di stupirmi ancora, ma l'approccio con cui la godo è cambiato considerevolmente.

Certo, occorre distinguere la scelta stilistica datata dalla grafica dozzinale spacciata per capolavoro di design (il caso più recente è Meme Run per Wii U, una di quelle robacce che, pure se fosse stata di gran qualità ludica, è impresentabile da qualunque lato la si guardi). Ma in questi casi direi che c'è da giore.

Lo stile retrò può aiutare ulteriormente il genere a risollevarsi: il bello delle avventure era (ed è tutt'oggi, quando si riesce a riproporlo) il senso d'immaginazione, svanito con il progredire della grafica e la scomparsa del pixel.
Senza contare i dialoghi, che con l'audio hanno perso moltissimo in termini di immedesimazione. Chi vi scrive non ha mai (e dico mai, tranne in qualche raro caso che adesso non ricordo in cui, forse, sia stato obbligatorio) ascoltato le voci quando sono state introdotte nelle avventure grafiche. Sempre e solo testo. Per continuare ad immaginare.








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