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domenica 11 gennaio 2015

L'Arte, la cultura e gli pseudocinefili italioti ed europei

Coloro che, purtroppo, affollano le pagine di critica non solo italiane, ma anche europee. Sì, perchè oggi mi sento di parlare di cinema, nella fattispecie italiano, o, se vogliamo prendere alla larga la questione, europeo.

Il motivo? Questa classifica, stilata da Martin Scorsese nell'agosto 2014, in cui il grande regista indica i 39 film non americani che un cinefilo non dovrebbe lasciarsi scappare prima di morire. Tralasciando le opinioni sull'opportunità di proporre graduatorie simili (il cinema ha prodotto tanti di quei film che è umanamente impossibile ridurre l'eccellenza ad una classifica tanto contenuta senza fare torto a qualche grande capolavoro escluso), vorrei concentrarmi sulla linea temporale che si ritrova nell'elenco stilato da Scorsese.

La classifica infatti si ferma al 1976. Il che sottolinea un fatto lampante: ossia che per il signor Scorsese non ci sono film europei, asiatici o comunque non americani irrinunciabili per il cinefilo medio successivi alla seconda metà degli anni Settanta: poco importa dimenticarsi di capolavori come Stalker, Regalo di Natale, Nuovo Cinema Paradiso, Leon, La leggenda del pianista sull'oceano, Nikita, Nostalghia, o i recentissimi La migliore offerta, Il nastro bianco e tanti altri lavori, italiani, francesi, tedeschi o russi che siano, che elevano quest'arte a livelli sublimi.
Non è mia intenzione riproporre l'ennesimo dilemma sul raffronto tra cinema americano e quello del resto del mondo. In USA producono una montagna di film (con una montagna di soldi a supporto), una montagna di spazzatura ma anche tanti film che hanno fatto la storia di questa disciplina artistica.
Comunque la classifica, a mio modo di vedere, al di là della sua implicita incompletezza e superficialità, mostra alcune cose evidenti.
 
Guardando in casa nostra, chi considera il cinema italiano scadente o in crisi rispetto al passato non capisce di cosa sta parlando e, soprattutto, non conosce nè la storia nè il restante cinema europeo, vittima di un'involuzione esclusivamente di notorietà e di botteghini che, invece, la lista di Scorsese evidenzia benone: la prova provata che per chi guida l'industria cinematografica in budget e risorse non c'è stata trippa per gatti proprio a partire dalla fine degli anni Settanta.

Il cinema italiano è una disciplina di grande livello artistico: un Avati, un Tornatore, un Virzì, un Verdone, ma pure un sopravvalutato Sorrentino o Benigni, non sono degli autori di livello comune. Semplicemente, a differenza di De Sica, Monicelli e qualcun altro (ma escludendo anche allora personaggi di grande rilievo come Sordi e Totò, accomunabili proprio a Verdone sotto questo profilo) oggi non possono più godere di nessuna spinta dal solo lato artistico, impossibilitato a competere non solo da un punto di vista economico, ma anche linguistico e culturale: tutti elementi che negli anni '40, '50 e '60 erano ancora di là da venire, perchè lo stesso schiacciante dominio americano ancora non era esploso.
Chi parla di crisi senza sapere nemmeno cosa voglia dire dovrebbe, quindi,  concentrarsi più sul riflesso commerciale e mondiale ormai inesistente di tutto il cinema europeo, non solo di quello italico. Del cinema italiano si possono dire tante cose negative: su tutte che non produca più roba per ragazzi, un difetto enorme che va ad ingrassare i già grandi problemi educativi che affliggono il nostro Paese, o la già citata crisi della commedia,
ma una sana critica non consiste nell'inventare cose che non esistono, ma nell'analizzare i prodotti.
Chiudo approfondendo la tristezza che mi provoca leggere una classifica del genere, fondamentalmente interessata solo alla matrice non dico commerciale ma "d'eco pubblica" di un film. Davvero di basso profilo, e per di più da parte di una mente di grande livello quale è quella di Scorsese.

Per carità, avrà anche diritto alla sua opinione. Ma fermare la tradizione cinematografica europea al 1976 ha poco di critico. Anche se, e qui la tristezza aumenta, la maggior parte dei giovani sarebbero d'accordo con lui: che poi molti di loro non abbiano visto manco per sbaglio I soliti ignoti, se non per puro gusto radical chic, è un altro discorso.

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