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giovedì 30 ottobre 2014

"Metodo" di sciopero?

Credo che il titolo sia necessario per instradare l'analisi su un dibattito completamente ignorato e represso a livello sociale. 
Andiamo rapidi al punto: un diritto è qualcosa che viene concesso inderogabilmente all'individuo o è posseduto a prescindere dall'individuo stesso, per il solo fatto per la sua esistenza. 
Di conseguenza sono diritti a prescindere la parola, la libertà di espressione, la salute, il cibo e la dimora (che nella nostra società vengono trasformati in "lavoro" essenziale per il sostentamento) e via discorrendo.
Se ci concentriamo sul binomio che porta al lavoro essenziale al nostro sostentamento, arriviamo, senza fare chissà quale scoperta, all'ovvia considerazione che sia esso a "generare" il diritto di sciopero. Si sciopera per ottenere un contratto adeguato al costo della vita, per protestare contro un ridimensionamento aziendale.

Come si inserisce in questo ambito il concetto di "sciopero"? E' possibile chiamarlo "diritto" o piuttosto si tratta una tutela sociale? Il problema non viene mai affrontato, ma c'è una differenza enorme tra le due, e da un punto di vista logico, considerato l'iter che abbiamo appena espresso, è difficile non qualificarlo nella seconda categoria.
Insomma, l'obiettivo dello sciopero non è lo sciopero in quanto tale come tutti i diritti elencati sopra, ma la risoluzione di una controversia contrattuale per favorire un diritto, sì primario, al cibo-dimora-lavoro. Di conseguenza è da considerarsi metodo, non diritto.
Arriviamo al nocciolo della questione. Lo sciopero è l'unico metodo possibile per risolvere le controversie contrattuali? E per quale motivo?
Come sappiamo, gli scioperanti si affidano, nella società moderno-contemporanea, ai sindacati. Ma questi ultimi non sono altro che meri rappresentanti, e non è scritto da nessuna parte che debbano difendere i lavoratori nel modo che, semplicemente, ha avuto successo nell'ultimo secolo e mezzo. 

Un successo, per di più, dovuto a circostanze storiche eminentemente contestuali, come il rapporto padroni-lavoratori nel pieno della Seconda Rivoluzione Industriale che (non si capisce il motivo) è stato considerato trascendente il tempo e i numerosi cambiamenti che sono avvenuti in questi due secoli: su tutti, il tenore di vita dei lavoratori nei paesi sviluppati e la conquista di tutti i requisiti minimi di vita dignitosa. Cose che agli inizi dell' 800 erano impensabili, in un periodo in cui i lavoratori morivano anche di fame, oltre che di stenti e malattie. E che, insisto, non era detto assolutamente potessero essere disciplinate solo con lo sciopero, anche se, con onestà intellettuale, occorre ammettere che in quel periodo la rappresentanza democratica non era sviluppata come adesso e che quindi una presa di potere (pur in gran parte teorica) da parte dei lavoratori poteva essere considerata uno strumento utile.
Come di fatto è stato: chi scrive ci tiene a ribadire, oltre alla sua critica ferma, anche l'utilità storica assoluta avuta dallo sciopero nei primi passi dell'era contemporanea.

Arriviamo ad un altro step fondamentale della nostra analisi, banale quanto si vuole ma necessario per arrivare a una conclusione: l'obiettivo non è scioperare, ma tutelare i lavoratori e i loro diritti, possibilmente non bloccando una società basata eminentemente sul lavoro che, in momenti di crisi, può pagare ancora di più a caro prezzo il "metodo".

Con cosa potrebbe essere sostituto il metodo di sciopero? Per rispondere è necessaria un'ulteriore analisi di quello che è un altro dogma indissolubile della modernità: la separazione dei tre poteri enunciata da Charles Louis de Secondat Barone di Montesquieu nell'ormai leggendario Espirit de Lois, opera di valore politologico inestimabile nonchè fondamento della democrazia moderna. La separazione tra potere esecutivo, legislativo e giudiziario era, nelle intenzioni dell'autore, un altro metodo, indubbiamente efficace per strutturare le future società democratiche.
Un metodo che viene considerato praticamente aprioristico da chiunque oggi parli di democrazia. Concentriamoci sul potere giudiziario. Un dogma della nostra Costituzione (come di tutte le leggi fondamentali occidentali)  è "la magistratura è indipendente". Un punto sul quale mi sono sempre espresso in modo molto critico, perchè considerato dalla maggior parte dei suoi sostenitori come alieno dalle imperfezioni dell'esistenza, degli uomini, della loro corruttibilità: si può sostenere un regime che tenda a rafforzare l'indipendenza dei poteri, ma non affermare il loro distaccamento reciproco e a prescindere, come - teologicamente, in una società che non fa altro che criticare il pensiero di matrice cattolica - si fa sempre. Archiviata la critica, c'è da dire che è assolutamente necessario strutturare la magistratura come indipendente.

Torniamo al tema principale per giungere, finalmente, alla nostra conclusione: per quale motivo non è possibile disciplinare i rapporti contrattuali tra lavoratori e imprenditori, così come la loro logica concertazione, attraverso un tribunale indipendente che decida secondo legge e parametri oggettivi inerenti la vita di tutti i giorni?
Perchè i nuovi sindacati non potrebbero essere i rappresentanti legali dei lavoratori che possano esporre le loro tesi di fronte a una giuria contrapponendole ai "difensori" degli imprenditori in un aula regolare? 

I dogmatici della separazione dei poteri, come detto, credono fermamente nell'indipendenza della magistratura: non potrebbero farlo ugualmente con una nuova istituzione creata appositamente per decidere in materia di lavoro, senza bloccare nessuna attività lavorativa e raggiungendo conclusioni il più possibile oggettive?

Si torna all'incipit per la nostra chiusura: lo sciopero non è come la salute, la vita e il sostentamento. Nasce per preservarle. Non è impossibile pensare a un altro metodo che le difenda in modo, forse, più sostenibile e meno distruttivo.
Ma se ne parlerà quando, probabilmente, la mia generazione sarà già diventata polvere.
La questione è in ogni caso impossibile da eludere nel lungo periodo.

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