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lunedì 20 aprile 2015

Gli studi parziali e la loro fonte di verità



Stamattina The Post Internazionale ha pubblicato questo articolo in cui viene mostrata un' analisi sui numeri dell'immigrazione in Italia.

Andiamo, senza fronzoli, a leggere i tre punti fondamentali del pezzo.

Punto 1) Quanto ha speso l'Italia per gli immigrati: nel 2012 lo stato italiano ha speso 12,6 miliardi di euro per l'arrivo di nuove famiglie di immigrati sul suolo italiano.
- Le spese comprendono gli oneri per i servizi sanitari (3,7 miliardi), quelli educativi (3,5), i servizi sociali (0,6), gli alloggi (0,4), la giustizia (1,8), le spese del ministero degli Interni per la gestione (1,0) e i trasferimenti economici (1,6).
- Calcolando che la spesa pubblica in Italia è stata di 800 miliardi, i costi dell’immigrazione sono stati l'1,57 per cento della quota complessiva.

Il valore delle spese per i migranti sarebbe "solo" dell' 1,57% del Pil, circa 13 miliardi di euro. Faccio presente che nella situazione in cui ci troviamo, di bilancio ma anche di politiche economiche europee restrittive, si lotta come muli da soma anche per tagliare 5 miliardi di tasse. Discutiamo da mesi dei 10 miliardi all'anno di Irpef tagliati da Renzi, su quanti siano realmente "a debito" e quanti, al contrario, frutto in un reale taglio della spesa. 13 miliardi, nel nostro contesto internazionale, sono un'infinità. Se ne potrebbe parlare in un universo alternativo senza situazioni debitorie nè parametri di Maastricht. Ma attualmente non è così, quindi direi che si può mettere la barra su questo primo punto. Anche perchè presume che l'ostilità al fenomeno migratorio sia esclusivamente basata su un banale calcolo fiscale, considerazione comoda, ma purtroppo - per chi ha scritto un articolo concentrato esclusivamente su questa voce - non veritiera. E ci sarebbe anche da discutere sul quel miliardo di euro destinato ad alloggi e servizi sociali e al suo raffronto con la spesa sociale nel suo complesso, in percentuale e nel totale.
Punto 2) Quanto ha ottenuto l'Italia dagli immigrati: lo stato, nel 2012, ha ottenuto 16,5 miliardi di euro dagli stranieri così suddivisi:
- Una parte delle entrate - vale a dire 7 miliardi di euro circa - deriva dal pagamento dell’Irpef (4,9 miliardi di euro), dall’imposta sui consumi (1,4 miliardi), sugli oli minerali (0,84), su lotto e lotterie (0,21) e per tasse e permessi (0,25).
- A ciò vanno aggiunti 8,9 miliardi di contributi previdenziali per gli stranieri.
- Il totale delle entrate di 16,5 miliardi di euro nel 2012 ha quindi coperto con scarto i 12,6 miliardi di spesa pubblica. I cittadini stranieri hanno fruttato 3,9 miliardi di euro all’economia italiana.

Gli immigrati producono Pil e pagano gettito fiscale. Logico. Verrebbe da chiedere: "altre ovvietà"? La frase sui 3,9 miliardi di euro "fruttati" all'economia italiana, poi, lascio il tempo che trova.
Innanzitutto, l'aumento di Pil può essere fisiologico quando c'è concentrazione di popolazione. Il pro capite però è un'altra storia, e lo "studio" non si ferma ad analizzare che il gettito non sia gratis, e si trovi a dover gestire, in un territorio estremamente concentrato come quello italiano, anche nuovi "utenti", con i relativi nuovi oneri e pesanti spese. Per farla spicciola ed elementare, se 10 persone in più portano 10 tasse individuali in più, conducono anche a 10 spese in più, non proprio la facile semplificazione di un'analisi fatta, ad occhio, solo con numeri che fanno comodo. Anche se c'è utile, ciò non implica assolutamente che sia distribuito in modo equo (ben di meno che con una crescita demografica di stampo familiare, in ogni caso non auspicabile vista la densità che c'è nel nostro Paese). Solitamente, le aree del mondo interessate nel passato da notevoli flussi di immigrati hanno creato le disuguaglianze sociali maggiori.  E' proprio la  distribuzione della ricchezza il vero nodo in un territorio dalla già alta densità che segue, in linea di massima, valori simili in tutto l'occidente (Stati Uniti esclusi).
Sostanzialmente ci si concentra su un fattore lordo senza analizzare minimamente le conseguenze nette di quanto avviene.
Ignorando quanto poi le migrazioni di massa siano umanamente "antiecologiche" non solo per i paesi ricchi, ma per lo stesso pianeta e per il divario immenso tra lo sviluppo e la fame nel mondo.
Tutti elementi che lo studio si premura accuratamente di non studiare. Il tutto tralasciando una marea di altri fattori, incluse le differenze tra immigrati regolari e irregolari, che potrebbe essere benissimo il punto di partenza della questione ma, forse per bontà mia, ho preferito lasciare in fondo, così, come una brezzolina marina sulla spiaggia di sera da assaporare prima di andare a riposarsi. Del resto settorializzare al minimo un elemento statistico è la strategia migliore per far passare un messaggio personale come verità assoluta.
Punto 3) Occupazione: gli immigrati creano anche lavoro. In Italia possiedono l’8,2 per cento delle aziende totali e, grazie a queste, producono 85 miliardi di valore aggiunto.
- Mentre il bilancio delle attività italiane è negativo, dal momento che nel 2012 almeno 50mila imprese hanno dovuto chiudere per via della crisi, gli stranieri hanno investito a tal punto da far crescere di 18mila il numero delle attività commerciali degli immigrati rispetto all'anno precedente.

Gli immigrati creano occupazione perchè investono. Anche questo, tecnicamente, è fisiologico, anche se non scontato: ma si ferma ancora una volta ad analizzare il breve periodo. E tanto per cambiare, a non osservare l'abbassamento del reddito dovuto alle perdite di attività proprietarie (favorito già negli ultimi decenni dalla globalizzazione e dalle leggi scandalosamente favorevoli alla grande distribuzione), cadendo di nuovo nell'ignoranza totale del problema della distribuzione della ricchezza. Innanzitutto bisognerebbe considerare tutte le sfaccettature di questi "investimenti" cosa che ovviamente non verrà mai fatta (e mi riferisco a diversità di trattamento denunciate su base locale da molti, senza contare discutibili legislazioni europee su vari mercati: uno dei casi più noti è quello dell' ortofrutticolo, che ha ammazzato gran parte dei negozianti di settore italiani, quelli che nel calcolo della crescita del pil dovuto agli immigrati non vengono calcolati, per intenderci).
Poi valutare nel lungo periodo gli effetti dei movimenti migratori di massa. Per farlo è sufficiente riferirsi alla storia: di numericamente simile a ciò a cui stiamo assistendo, ci sono solo i viaggi verso gli USA di fine XIX e di inizio XX secolo. La differenza è che gli Stati Uniti erano un paese praticamente privo di densità demografica e in quanto tale bisognoso di essere popolato (e, nonostante questo, non privo di selezioni, anche di stampo razziale) mentre l'Europa occidentale si trova in una situazione diametralmente opposta.

Il terzo punto è l'unico che può avere un riscontro reale: ma dimentica, tanto per cambiare, la storia. Ossia che, investimenti o meno, tutti i flussi migratori del passato hanno prodotto, sempre e con la sola e parziale eccezione degli Stati Uniti (per motivi già spiegati) effetti negativi sia nei paesi di arrivo che in quelli di partenza. Approfondendo, per di più, la differenza economica tra il mondo ricco e quello povero. Un tema che in Italia dovremmo sentire particolarmente: mi riferisco soprattutto ai meridionali, le cui migrazioni di massa (interne ed estere) hanno contribuito notevolmente ad ammazzare il Mezzogiorno per un motivo molto semplice: chi fugge non è solo il poveraccio senza futuro, ma anche quello con possibilità, con mai sfruttate capacità. In parole povere i cervelli, ma anche gli operosi e i competenti.

Per concludere? Dati estremamente circostanziali spacciati per fotografi obiettivi di un quadro complesso: ci si sofferma, per di più in modo parziale ed incompleto, sul dato fiscale e produttivo della prima ora, e si esclude il concetto di lungo periodo,  si ignora la complessità del fenomeno migratorio in tutte le sue sfaccettature.
Si dirà che l'obiettivo di chi scriveva era semplicemente dare dei dati su un argomento specifico. Io invece penso, vista la tendenziosità di non porsi nemmeno il problema di distinguere chi è regolare da chi non lo è, che lo scopo sia sempre lo stesso: continuare a propagandare la distruzione delle identità, il sovraffollamento diseguale del pianeta terra, la diffusione del basso costo del lavoro tanto nelle fabbriche nel terzo mondo che in quelle del "primo", la messa al bando aprioristica di qualsiasi reale politica di sviluppo dei paesi più poveri, enormemente danneggiati nel lungo periodo proprio dalle migrazioni di massa.

Chiudo con la fonte su cui si è basato l'articolo del Post, ossia la fondazione Leone Moressa, che - cito testuali parole - si propone non di fare verità sulla questione, ma di "colmare i pregiudizi sulla popolazione immigrata attinenti alla sfera economica e finanziaria, in modo da contrastare la diffusione di determinati stereotipi e gli atteggiamenti discriminatori che ne derivano". Insomma, sicura indipendenza, fate un po' voi...soprattutto in lotta contro pregiudizi decisamente aggiornati ai tempi di oggi. Qualcuno gli dica che di immigrati ricchi ce ne sono da un bel pezzo!

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