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A Walt Disney Silly Symphony!

lunedì 5 gennaio 2015

Un virtuosismo del ricordo

La mia esperienza con Pino Daniele comincia in tenera età: a Napoli non poteva essere diversamente, visto il bombardamento mediatico che si opera verso una città disastrata e depressa ogni qualvolta esprima qualcosa di rilevante dal punto di vista culturale.

E' successo con Troisi, con lo stesso Pino Daniele e qualche anno fa anche con il dream team del teatro salemmiano (anzi, quest'ultimo è stato pure sottostimato vista la eccellente produzione artistica). Purtroppo qualcuno prova a farlo pure con quella triste e misera figura rispondente al nome di Alessandro Siani: e purtroppo, finchè gli incassi daranno ragione allo pseudo artista, non ci sarà molta trippa per gatti per la esile speranza di poterci liberare di lui.

Comunque, a differenza dell'amico Troisi, eccellente cabarettista (a mio parere enormemente sopravvalutato sul fronte cinematografico), fatico a trovare nella storia di Pino Daniele un elemento di enfatizzazione estrema. E lo dico da umile ascoltatore di musica che, non avendo mai potuto coltivare questa mia passione al livello delle altre, ha realmente notato un distacco tra l'arte che Daniele ha proposto e tanti parti pessimi della cultura locale napoletana (si pensi, di nuovo, a Siani ma anche a personaggi per fortuna scomparsi come Biagio Izzo). Dimostrando cosa? Ciò che è sempre stato proprio di Napoli e dell'Italia in generale, tanto deprimente sul fronte civile e tanto elevata in tutto ciò che è minoranza, èlite, in questo caso arte e cultura. 

Una cultura che Daniele non serbava dentro di sè, non stiamo parlando certo di un dotto, ma che è riuscito sorprendentemente a produrre nell'incontro tra blues e melodie mediteranee. 

Voglio ricordarlo, non con Napulè, Quanno chiove, Quando e altri pezzi strappalacrime, ma con una delle melodie che sconvolse la mia vita di ragazzino: Uè man
La  dimostrazione migliore, secondo me, della musica possente di quest' uomo, un esercizio di virtuosismo continuo, pura passione concentrata in minuti in cui gridava al mondo quello che lui sarebbe sempre stato: non un grande cantante, vista la sua voce esile e poco incline agli acuti, ma, porca miseria, come suonava lui lo facevano in pochi.

Ciao grandissimo, possente, infinito Pino.




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