Copertina

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A Walt Disney Silly Symphony!

martedì 17 ottobre 2017

Dal fumetto di Gottfredson alle Silly Symphonies: così Cuphead fa rinascere lo spirito da coin op



Plaftorm, run and gun, shooter in volo, shooter a terra. La varietà non manca. Anche se bisogna ammetterlo candidamente: nessuno si aspettava un capolavoro. Forse un buon gioco sì, ma non una pietra miliare. 

A dirla tutta, c'era la classica puzza di tutta estetica e niente sostanza. E invece, diamine se la ciccia non manca. Di Cuphead posso dire che aver deciso di comprarlo già alla vista dei primi trailer e le prime immagini, circa 3 anni fa. Avrebbe potuto essere anche la porcata peggiore degli ultimi anni ma lo avrei preso lo stesso e dirò di più, probabilmente lo avrei pure finito. 

Il motivo è fin troppo ovvio, a me che di Disney sono malato e che dei cartoni anni Trenta sono un cultore. Lo stile è assolutamente quello. I colori, le animazioni, perfino le dinamiche dei personaggi. Prima dell'evoluzione stilistica di Topolino e Paperino successiva al 1940, i cortometraggi dello studio californiano avevano questo aspetto.



In particolare, lo avevano le cosiddette Sinfonie Allegre (Silly Symphonies) ovvero degli autentici brani musicali animati i quali, nella mente di zio Walt, rappresentavano ciò che era l'animazione nelle sue forme più autentiche: disegno, grazia estetica che si muove a ritmo di musica. Certo, ognuna aveva la sua caratterizzazione, e se Cuphead visivamente ha ben poco a che vedere con "Il brutto anatroccolo" (1939) sfondi, tagli occhialuti e immagini generali sembrano uscire sputati da "La cicale e le formiche" edito nel 1934.

"La cicala e le formiche" (1934)



In Cuphead c'è la summa della Disney anni Trenta: non solo animata, ma anche fumettata. Se il primo sapore è quello delle Sylly Symphonies, il retrogusto richiama Floyd Gottfredson e alle sue strisce popolari, mentre di Carl Barks, una volta tanto, non ne sentiremo parlare.




Il gioco? C'è! E non solo: è anche un mezzo capolavoro. Dico "mezzo" perché non l'ho ancora finito, ma ci si accanisce per superare i livelli alle difficoltà reali e non "semplificate", perché ci si azzanna sui dettagli dei pattern, perché i nemici aggrediscono come se non ci fosse un domani e non perdonano nulla. Quell'aggressività che ricorda da morire quella dei coin op dei tempi andati, motivata dalla necessità di fruttare monete e partite in sala giochi o al bar. E quelle voci campionate prima dei boss, dai "Ready" ai "Knock out!" richiamano troppo ai "Fight" delle glorie Capcom o agli "Start your engine!" di Daytona USA. 

Generi diversi, ma quello spirito, in qualche modo, li unisce. Quando il gioco da sala era una meraviglia, le macchine casalinghe arrancavano. Poi hanno iniziato a dominare così tanto la scena che la meraviglia stessa è entrata in via d'estinzione. Hardware sempre più potenti ai quali qualche fesso aspira ancora con estremo giubilo, comparti vivisi ormai enormi, pur facendo dimenticare da dove siamo venuti. 

Cuphead riporta novità nell'approccio estetico al videogioco. Una componente che dovrebbe essere secondaria e che in questo caso non lo è. Ma siamo tutti contenti, perché qui si gioca davvero, e lo si fa pure con classe.

Che spettacolo!


domenica 8 ottobre 2017

Doping Metroid



Ho appena consumato il remake di Metroid 2: Return of Samus (rinominato con poca fantasia "Samus returns"), originariamente uscito per il monocromatico Game Boy nel 1991 e realizzato su 3DS, con tanto di grafica in poligonale, visualizzazione in 3d e quant'altro.

Del capitolo uscito all'epoca ricordo quasi nulla. Non lo possedevo nemmeno, vista la difficoltà che avevo, da bambino, nel comprare i giochi: in compenso me lo feci prestare da un amico delle elementari, come era uso comune per sopperire alla mancanza di dindi. 

La cosa che mi rimase impressa fu però la sua difficoltà media, una cosa che anni dopo avrei superato con Super Metroid, gioco portato a termine una sola volta nella travagliatissima generazione a 16 bit che contraddistinse la mia vita di videogiocatore (da adulto me lo sarei risparato per ben due volte, una sulla Virtual Console del Wii e la seconda su cartuccia originale grazie alla mia rediviva collezione di retroconsole).



Samus Returns, con Return of Samus, c'entra molto poco. La struttura è stata ridisegnata, ampliata, sono state aggiunte la mira libera e il corpo a corpo istantaneo. Dubito avrei avuto la forza di rigiocarmi, a parte la veste grafica, il capitolo originale. 

In ogni caso, è interessante notare che, quando si "mette in moto" un Metroid, la voglia di rigiocarne altri, anche già vissuti, anche già conosciuti, sia praticamente estemporanea. Preso dalla foga ho rimesso su per l'ennesima volta Metroid Prime proprio stamattina, ovvero quello che, a mio giudizio, è il miglior episodio di una saga che dal 3d in prima persona ha trovato la sua autentica consacrazione: difficile che lo rifinisca per l'ennesima volta, ormai il tempo è tiranno e finché non porterò a termine alcune questioni lavorative che mi terranno impegnato almeno fino al nuovo anno, non potrò spaziare nel mondo dei balocchi che amo fin da bambino e continuo ad amare da adulto. 

Poi c'è Mario Odissey in arrivo, ed è scontato - nonché doveroso moralmente - concentrarsi su quello dalla fine di ottobre in poi. Insomma, non c'è trippa per gatti. Ma l'effetto dopante della saga di Samus, in Zelda e Mario non esiste. È una constatazione - quasi - oggettiva. Mario è da sempre un mordi e fuggi almeno dai tempi di Galaxy, Zelda ha rivoltato calzini e vestiari con Breath of the Wild, ma al momento è un caso particolare.

Sarà la struttura particolarmente trascinante, i vincoli forse maggiori e l'onnipresente backtracking. Ma qualcosa, quando c'è la Aran di mezzo, da puro divertimento si trasforma in dipendenza.



Non si può manco dire dall'aspetto - probabilmente sensuale - della nostra eroina, mostrato solo in qualche artwork ma poco nei giochi, ammesso e non concesso di considerare gioco quel buco nell'acqua dal titolo di Other M. Sarà forse l'attesa per il Metroid Prime 4 annunciato su Switch ma di cui ancora non si è vista un'acca? Mah.



Insomma, Dio benedica Metroid, un gioco che dal Super non invecchia mai (e non dal 2, rivisitato per l'occasione). Lo potrete rigiocare anche nel 2355, ma darà sempre la paga alla stragrande maggioranza delle produzioni contemporanee, Nintendo inclusa.