Copertina

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A Walt Disney Silly Symphony!

mercoledì 25 febbraio 2015

C'è da aggiungere altro?



  
Direi di no. Leggete bene, Ducktales tornerà con nuovi episodi a partire dal 2017. Per quei poveracci che non sanno di che si parla (e che probabilmente vivono da eremiti) si tratta della serie animata cult della Disney andata in onda dal 1987 al 1990. Chi adora i fumetti Disney come il sottoscritto non può non aver amato le avventure di Paperone portate per la prima volta in una serie TV. C'era un mondo disegnato dai vari Gottfredsson, De Vita, e tutta la "dinastia" italiana dei vari Bottaro, Scarpa, Cavazzano e così via.
Ma più di tutti vi era l'inventore di Paperone, ossia Carl Barks: una componente necessaria per fare di Ducktales il sogno ad occhi aperti di tutti noi appassionati: la sceneggiatura si basava infatti proprio sulle sue storie.
Certo, c'erano delle differenze. Innanzitutto la mancanza di Paperino, scelta coraggiosa voluta dagli autori allo scopo di rendere protagonista solo il taccagno milionario Uncle Scrooge. Poi il carattere stesso di quest'ultimo: meno crudele e avaro rispetto alle storie a fumetti (e, soprattutto, rispetto alle prime stesure di Barks, anche in alcuni dipinti su tela).

Del nuovo Ducktales si sa ancora poco: si parla della novità di Paperino che stavolta dovrebbe giocare un ruolo principale. Vedremo cosa ne verrà fuori, certo ripetere i fasti del cartone ideato da Jymn Magon sarà complicato se non impossibile. E ancora non sappiamo con certezza se la realizzazione sarà nella tanto agognata animazione tradizionale, vista la sepoltura della disciplina da parte dell'azienda che, di fatto, l'ha inventata.

Diciamo che due anni da qui all'uscita lasciano ben sperare, non sono tempi cortissimi per un'animazione televisiva, decisamente meno sofisticata di quella cinematografica a cui ci ha abituato mamma Disney. Vi lascio con la mitica sigla, rigorosamente in inglese. A voi!




lunedì 23 febbraio 2015

Di Alberto, Antonio, Ugo, Aroldo, di una famiglia italiana e altre sciocchezze



Il 24 febbraio di dodici anni fa moriva Alberto Sordi. Il grande attore italiano sopportò un lungo periodo di difficoltà prima di spegnersi per sempre: bronchite e polmonite lo abbatterono nel suo inverno decisivo. La sua Villa Museo alle Terme di Caracalla cessò di essere il tempio della interpretazione, del garbo signorile appartenuto al grande artista. L'ultimo suo grande squillo è questo saluto, stanco e affannato, verso il pubblico del Teatro Ambra Jovinelli di Roma, che aveva organizzato nel dicembre 2002 una serata in suo onore. Meno di tre mesi dopo avrebbe spirato per sempre. Non avevo mai visto questo video prima di qualche mese fa, ma ricordo che, all'epoca, per la prima volta versai qualche lacrima per un personaggio pubblico. Alberto Sordi per me non era semplicemente un grande attore. Era un simbolo.
Ha rappresentato tutti i i miei ricordi d'infanzia: tra i tanti, quando la sera ci si riuniva (in modo molto disordinato, nonostante i desideri di mio padre) attorno al tavolo per cenare. Mi fa venire in mente le mie giornate adolescenziali, fatte di doposcuola e allenamenti di calcio, l'arrivo a casa verso le 18:00 e, infine, la rinnovata cena davanti al film spesso dato in TV, dove spadroneggiava l'immenso Totò ma anche il grande Alberto. Mi ricorda una famiglia che, con tutti i suoi limiti umani, era ancora viva e vegeta, e che anni dopo avrei ricordato anche grazie a lui. Rafforza in me un'italianità che ho sempre sentito fin da bambino, e che crescendo ho dovuto confrontare, con amarezza, con coloro che mi circondavano.



                                                                                  
Sordi non appariva frequentemente in pubblico ormai da qualche anno: nel dicembre della stagione precedente era stato da Bruno Vespa in una puntata sempre su di lui a Porta a Porta, nel luglio 2002 ospite di Pippo Baudo ad Italiani nel Mondo, entrambi sulla Rai.
Nel video lo struggente Albertone saluta il suo pubblico, quegli italiani a cui doveva tutto il suo successo, il suo ingresso nei libri di storia dell'arte. Il suo sorriso smagliante non c'era più. Quel ghigno furbo e intuitivo era completamente sparito. Da gran signore provava indomito a resistere. Tentava di ironizzare, ansimando, sulla imitazione di Max Tortora a quel tempo in voga in televisione. 
Si incamminava verso la fine un artista infinito, un raffinato osservatore che avevamo ritrovato solo nel sottovalutatissimo Carlo Verdone: si spegneva un modo nazionale di concepire la nostra sfolgorante commedia, nella comicità che si ritrovava negli occhi dei grandi Totò, Peppino De Filippo, Vittorio De Sica, del dimenticato Enzo Turco, ma anche nell'irruenza di Ugo Tognazzi, nella classe infinita di Raimondo Vianello, Aldo Fabrizi o dello straordinario Aroldo Tieri

Con questi signori io sono cresciuto. Vederli recitare mi riavvicinava al concetto di pace. Una pace tutta italiana, rimembrante le belle serate quando, in famiglia, si guardavano anche "i film in bianco e nero" insieme ai miei genitori ma anche ai miei fratelli. A loro devo il mio sconfinato amore per la cultura e l'arte italiana, la mia passione infinita per la nostra lingua e la tristezza malinconica con cui, tutti i giorni, sono costretto a subire l'indifferenza della gente. Gli italiani, che popolo sbiadito: così tanta storia e così poca consapevolezza e rispetto verso di essa, così poca accettazione. 

Totò, Tognazzi, Tieri, già, proprio loro. Totò è un ricordo che porterò sempre nel cuore, talmente immenso che è difficile non citarlo in certi frangenti. Quello sguardo languido, comico e tragico allo stesso tempo maschera infinita dell'italianità e un simbolo della nostra Nazione.
Alberto non sarebbe mai arrivato ai suoi livelli d'interpretazione. Ma il numero di capolavori in cui ha recitato, il contributo straordinario che ha dato alla nostra cultura nazionale, compongono un nome e un cognome che difficilmente potrò smettere mai di associare a questi valori, tramandatami da mio padre e da mia madre più di qualsiasi altro. Insieme a loro avevo visto il primo film con Alberto, che forse non a caso sarà il mio suo preferito di sempre: Il Conte Max. Con loro avrei passato dei momenti autenticamente felici, osservando i virtuosismi de Il Vigile, o le inquietanti peripezie del Dottor Tersilli, Il Medico della Mutua. Per non parlare di quella splendida commedia in coppia con Aldo Fabrizi, Mi permette babbo!, con la quale si descriveva la figura dell'eterno disoccupato parassita dei suoceri.
In quelle gag, in quelle battute sensazionali, è racchiuso uno dei motivi per cui l'Italia sarà sempre casa mia, indipendentemente da quanto lo sia per i miei tristissimi connazionali che potranno distruggere tutto, ma non la storia e l'identità dei pochi di noi che ancora le guardano col groppo in gola e con grande commozione.

Ciao Alberto.
Anche grazie a te ricordo ancora la mia famiglia, le belle serate passate davanti alla TV e le risate a squarciagola di mio padre che riascoltava per la centesima volta la stessa battuta.
Anche grazie a te e ai tuoi colleghi ho sviluppato il mio amore per la nostra dimenticata cultura, per il nostro sfortunato e bistrattato Paese.
Anche grazie a voi ho compreso davvero che, tra le tante incertezze che costellano la nostra difficile esistenza, conservo almeno la sicurezza che io sicuramente morirò italiano.
Forse un po' triste, solo e malinconico in questo sentimento, quello sì. 

Ma pur sempre italiano.



venerdì 20 febbraio 2015

Ci addossiamo le vergogne altrui: è questa la sola, unica e vera emergenza



Può la stupidità di un popolo assurdo essere superiore all'inciviltà barbara di qualche migliaio di tifosi olandesi del Feyenoord che ieri hanno devastato Piazza di Spagna? Può il masochismo raggiungere un simile patologico livello?
Probabilmente sì, però non posso fare a meno di recepire che anche io, da buon italiano, cada nel medesimo tranello: criticare qualcosa dell'Italia anche quando gli incivili sono altrove.  Mi accontento, se non altro, di non farlo buttando totalmente addosso nulla al popolo italiano se non la sua scontercante, triste, vuota, squallida esterofilia masochista, ieri manifestata in pieno in occasione dei disastri olandesi. Qualcuno avrà letto quello che penso già sulla mia pagina facebook, alla quale rimando come spesso faccio tra questi miei due spazi di espressione. Un piccolo riepilogo sul blog penso sia comunque d'uopo.

L'analisi di un fenomeno come questo si concentra su due aspetti: le colpe della polizia e degli stranieri. Le seconde vengono completamente ignorate, i social network sono pieni di "Siamo un Paese di merda" (un classico) "Ma che vergogna", "Altrove queste cose non succederebbero mai". Ora, passi l'ultima considerazione, se vogliamo anche giusta, ma la follia delle altre è davvero inconcepibile: a prendersela con il paese, fatto di persone, anche quando le persone non c'entrano assolutamente nulla, nella fattispecie. 
Il top dell'illuminazione intellettuale lo raggiungono post come questo, che non ho potuto fare a meno di fotografare, in cui la sospensione del raziocinio raggiunge dei limiti forse mai toccati nel mondo civile:


Perdonate la goffaggine nel cancellare con delle freccette i nomi degli interessati, non sono molto abile con i programmi di ritocco (limite mio, ormai li sanno usare anche i bambini). 

Un paio di considerazioni: la prima, che questo post non mette in discussione perchè forse non ha la capacità ricettiva di comprenderla, è che senza poteri nell'ordine pubblico si fa molto poco, il problema è all'origine. In Paesi come la Francia la polizia ha carta bianca, qui ancora si parla di fascismo. La domanda sorge spontanea: dove vogliamo andare quindi?

La seconda è che i signorini del post, con tutta probabilità, sono proprio quelli che urlano al fascismo e alla violenza al primo squillo di tromba, mi pare giusto che parli di multa. La seconda domanda sorge spontanea, quindi: ma è in grado di vedere il video, ha un minimo contatto con la realtà? Ma se lo immagina il poliziotto italiano che si avvicina al teppista olandese mentre butta il petardo, magari armato di bastone e chissà cos'altro? Intimandogli (con fare sicuramente legale e incontrastabile, insomma, coperto da una specie di scudo aulico) : "Signor teppista, lei sta violando la legge, mi trovo costretto a fare una contravvenzione. Ora continui pure, ma sia pur certo che ci saranno nuove multe"?

La follia dei lamentosi è direttamente proporzionale alla loro totale incapacità di schierarsi dalla parte delle forze dell'ordine ogni qualvolta capiti un incidente (umano e tecnicamente inevitabile in senso assoluto, non viviamo nella perfezione): preferiscono appoggiare gli scemi che vogliono togliere potere a chi garantisce, anche nella peggiore delle ipotesi, il rispetto dell'ordine (una cosa che criminali e teppisti, nella migliore delle ipotesi, non garantiscono mai) anzichè concentrarsi sulle pene successive agli errori (molto più sensato, ma impossibile da concepire per i paladini della libertà e dell'illegalità, ci mancherebbe altro). Chi dottrinalmente e, purtroppo, da un punto di vista culturalmente superiore a quello di signori modesti come quelli dell'immagine, è ideologicamente contrario ad utilizzare le forze dell'ordine, nel frattempo assume l'atteggiamento più furbo: sta zitto. Ci sarà occasione di parlare, quando un poliziotto, su centomila se va male, avrà picchiato un manifestante innocente, e rincarerà la dose dando addosso ai poteri ai poliziotti, tornando nell'equivoco di cui sopra: troppo difficile concentrarsi sulle pene postume, è più intelligente, saggio e civile impedire all'agente di lavorare (e magari anche di difendersi). 

A condire il tutto le solite considerazioni antitaliane di una bella fetta di popolazione che, sinceramente, mi augurerei con tutto me stesso di vedere partita domani mattina, visto che amano così tanto i movimenti migratori di massa e del Paese non gliene frega una ceppa se non in senso di omologazione internazionale e mai di identità. 
Da noi sono accadute due tragedie negli ultimi 20 anni: Vincenzo Spagnolo, tifoso del Genoa morto nel 1995 prima di una partita casalinga con il Milan, e Ciro Esposito, supporter del Napoli colpito a fuoco prima della scorsa finale di coppa Italia. Il fatto che queste tragedie vadano contrastate con tutta la decisione possibile c'entra però poco con l'invocazione agli inferi dell'italiano medio ogni qualvolta succedono disordini che, da noi, sono spesso incommensurabilmente inferiori a quelli che vengono dall'estero. I croati che fanno casino nelle partite degli europei sono stati bollati da molti come insignificanti, visto che "noi non possiamo parlare", un serbo che terrorizza un intero stadio prima di un'Italia-Serbia a Genova qualche anno fa non vale mai allo stesso modo. Se fosse autocritica non avrei nulla da dire. Ma è solo stupidità, pure inutile al fine di risolvere i problemi.
In ogni caso una devastazione del genere da parte deglii incivilissimi tifosi italiani non si vede nemmeno quella volta all'anno durante i derby. Ci sono organizzazioni superiori alla nostra, indubbio, ma, per piacere, non parliamo di civiltà.
Renzi ha straragione quando dice che altrove cose del genere gli italiani non le fanno. E' oggettivo, non si ricorda a memoria d'uomo. Non vedo l'ora di vedere quanti al prossimo morto ammazzato in Italia (da evitare anche con le bombe a mano verso i deliquenti, che sia chiaro, anche se è ovvio) si lamenteranno del nostro presunto "essere la feccia del mondo" dimenticando scene clamorose come quelle di ieri. Da noi sono accadute due tragedie, e sicuramente la pace negli stadi non è così cristallina. Ma nonostante i 2 morti in 20 anni, altrove storicamente si parla di decine, anzi trentine, e spesso di nostra nazionalità come da juventino devo SEMPRE ricordare. E in una notte sola. Il primato delle stragi è dovuto a qualcun'altro, non certo a noi. 

Andando sul "leggero", c'è gente che ogni volta, alla prima volta che viene qua devasta. Se la mettiamo sul nostro presunto terzomondismo a questo punto facciamo le pulci a tutti, vediamo se i favolosi ucraini e polacchi meritavano così tanto di fregarci l'europeo senza avere i requisiti per farlo, vediamo se non siamo all'altezza di ospitare una cazzo di Olimpiade quando al mondo ci sono paesi con il quadruplo dei problemi del nostro a cui è stato permesso di ospitare un mondiale tanto per cambiare senza requisiti. 
E vediamo pure se ci dobbiamo fare 30 miliardi di masturbazioni mentali abolendo qualsiasi tipo di mira, ogni maledetto obiettivo perchè, guarda un po', abbiamo dei problemi e delle emergenze. C'è gente in Qatar che ne ha il decuplo, non si lamenta e accetta le sfide. Basta!
 I problemi ce li hanno tutti (noi di sicuro non più degli altri: no, nemmeno di molti paesi sviluppati), direi che è il caso di smetterla di autocrocifiggerci. Proprio numeri alla mano, nell'ambito di uno scontro irresistibile tra realtà e percezione. La stessa sulla base della quale, è bene ricordarlo, si stilano le classifiche dei Paesi corrotti.





mercoledì 18 febbraio 2015

Ode a te, Alexis!


Premessa numero uno: le chiacchiere stanno a zero, anche quelle del neo premier greco (nella foto) difficilmente andranno oltre. Non è una mia capacità quella di prevedere il futuro, non so se l'eventuale capitolazione sarà colpa sua oppure no ma per il momento non posso che applaudire. 
Premessa numero due: sarò anche superbo, ma se uno soltanto dei sinistroidi del pianeta (in particolare italiani) avesse l'apertura mentale del sottoscritto, sono convinto che in politica lavorerebbero tutti meglio. Anche dei destroidi, diciamoci la verità. Ma la sinistra "storica" ha maggiori responsabilità, in quanto "vincitrice morale" post-1945 e solo parzialmente sconfitta (finalmente anche nell'etica) nella ben più blanda (rispetto al conflitto mondiale, s'intenda) debacle del 1989. 

Svolgimento: l'excomunista Alexis Tsipras (ma comunista dentro, anche se non più praticante come qualsiasi ex-ideologo, di qualsivoglia colore, ancora vivente oggi: non raccontiamoci balle) , come da previsioni vincente alle elezioni greche, dopo dichiarazioni iniziali decisamente più favorevoli al dialogo con le istituzioni europee, è in trincea da una buona settimana contro l'Eurogruppo e i suoi Euroschiavisti vari, tra i quali Wolfgang Schaeuble (Germania) e Jeroen Dijsselblom (Olanda), nella fermezza di non voler accettare nessun nuovo piano di "aiuti" europei, che nei nuovi vocabolari ormai potrebbero essere affiancati tranquillamente alla parola strozzinaggio
"Nemmeno con una pistola puntata alla tempia firmeremo il prosieguo del sistema di aiuti" dice il premier greco, "accetteremo solo con una revisione dei parametri di stabilità".

Sì, perchè Tsipras, al di là di posizioni politiche su altre questioni ben lontane dalle idee del sottoscritto, ha messo sul piatto la verità dei fatti: che l'Unione Europea non è altro che, al momento, un'organizzazione dedita all'usura internazionale.
Lo è nel Patto di Stabilità (omettiamo pure la seconda prerogativa e chiamiamo le cose con il loro nome), lo è nei parametri di quel patto e lo è nella follia (per fortuna, a quanto pare, sul viale del tramonto) del Fiscal compact.
Uno strozzinaggio di cui siamo tutti complici  (visto che la Grecia deve anche a noi una fetta discreta di debito pubblico) e vittime (dal momento che ci inchioda a parametri di crescita da terzo mondo e ci ridà molte meno risorse di quante ne versiamo).

Per il signor Piercarlo Padoan il rifiuto greco non significa un'uscita dall'euro. Ora, indipendentemente dalla veridicità di una tale affermazione, anche i sassi sanno che il nostro ministro dell'economia è bello che affiliato a Bruxelles e alle sue logiche suicide: fa talmente parte del sistema che è difficile non dargli ragione, ma non il punto è un altro: la cosa fa ancora più rumore se si pensa che stasera sono intervenuti sulla questione addirittura gli Stati Uniti. 
Secondo il segretario del tesoro americano Jack Lew "un mancato accordo danneggerebbe la Grecia, che deve rispettare gli accordi europei ma anche internazionali". E il tweet del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis aggiunge "ha anche detto che danneggerebbe anche l’Europa. Un avvertimento a entrambe le parti". 
Ora, detto francamente: cosa minchia (perdonate la volgarità) c'entrano ora gli Stati Uniti? Detto in modo schietto: cosa vogliono? Che voce in capitolo dovrebbero avere per "avvertire"? 

Sono tutte domande chiaramente retoriche, e cosa vogliano mi pare evidente: ciò che hanno sempre desiderato, mantenere sotto scacco l'Unione Europea e rinsaldare l'appendice che essa è diventata - di fatto - dopo la nascita dell'Euro, un appendice che già aveva un saldo appiglio nel mancato smantellamento della NATO anche dopo la fine della Guerra Fredda. 
Com'è ovvio il doppio filo che lega uomini piazzati ai nostri vertici proprio dall'UE (come Padoan) e il totale sfaldamento di quello che era sempre stato alle origini, lo scopo dell'Unione quando era stata progettata: un'alleanza tra i giganti del continente. Sì, proprio quello, niente a che vedere con gli European US, e con l'enfatizzazione delle tesi di Spinelli ed altri che lo seguirono, che non furono mai presi in considerazione neanche lontanamente prima dei primi anni Novanta, se non da una componente minoritaria rispetto a quella struttual-funzionalista che fin dal 1954 aveva costituito la base del processo di integrazione europeo. 

Morta l'alleanza, gli Stati Uniti hanno avuto giusto il brivido (oggettivo) dopo la nascita dell'Euro. Tutto il resto, dall'austerità, all'assenza di un interesse per la cultura e le tradizioni europee, alla pretesa folle di credere in un'idea volendola concretizzare solo economicamente, al disinteresse totale per tutto ciò che sia identità, peculiarità, e amor proprio, non hanno fatto altro che andare nella direzione che, secondo me, Washington aveva sempre sperato: quello di ottenere, quasi senza batter ciglio, un secondo strumento di controllo del blocco occidentale da lei guidato: l'Unione Europea. 
La NATO poteva bastare, ma solo fino alla caduta del muro di Berlino. Poi sarebbe servito qualcos'altro. Anche per tentare, invano, di competere con l'emergente potenza cinese. Una lotta che vedrà, salvo sorprese, gli americani come i grandi sconfitti.

Con le dichiarazioni di Lew, oggi (riportate anche dal Corriere della Sera), c'è stato addirittura una sorta di riconoscimento esplicito dello status dell'intero continente come colonia americana. E comincio a sospettare che a dare, trent'anni fa, maggiore eco a Spinelli e a quei poveri disgraziati che lo seguirono ci sia stata (che sorpresa!) sempre la longa manus yankee, ma è un pensiero ancora più astratto. Una vera alleanza europea fa paura, la retorica la rende un agnellino in pasto agli yankee e a un loro eventuale conflitto con la Russia. 

Chiudendo su Tsipras, non si può che rinnovare la stima. Un vero uomo di destra rispetta tutte le dignità nazionali, anche se vengono espresse da un leader di sinistra. Reggerà? Probabilmente no. Ma "se dovesse succedere", sarebbe veramente un grande momento di storia nazionale ellenica.

E a margine, sempre la nostalgia per la nostra povera, piccola, Italia, dove mezzo Paese tuona con la retorica antinazionale, una piccola minoranza di sfigati ancora ha la forza di crederci: in mezzo, un'altra metà vivente nell'indifferenza. 
Ecco perchè non critico troppo Matteo Renzi. Qualcosa ha abbozzato, più dialettico che realistico, per cercare di scalare qualche posizione, ma il risultato è sempre l'incapacità di reagire e di alzare la testa, non dico quanto la Grecia ma - almeno - quanto la Francia. Ed è totalmente indifferente quanto sia prodotto della stessa Bruxelles. La sua condotta è esattamente la stessa tenunta dalla nostra politica estera dall'8 settembre 1943 in avanti. 
Non è altro che un prodotto del nostro sistema, il signor Matteo Renzi. Anche Pella, Craxi e qualcun altro lo erano, ma sono riusciti ad essere delle eccezioni. Eccezioni che, in Grecia, il signor Tsipras non è.

#jesuisalexis



mercoledì 11 febbraio 2015

I have a dream

Dopo il vergognoso assalto alla "Casa del Ricordo" di Roma, riempita di scritte offensive verso i morti italiani ad opera dei partigiani comunisti jugoslavi alla fine della Seconda Guerra Mondiale, mi sento di esprimere un pensiero che covo da anni sull' assoluta follia  che continua a perpretrarsi a livello mediatico e, in certi casi, pure culturale, nei dibattiti a sfondo ideologico. Una folle spaccatura che condiziona non più solo il nostro passato, ma anche il nostro futuro, di italiani e di Nazione. Mi rendo conto che l'ultimo concetto sia attualmente sepolto sotto chilometri di terreno incolto , ma sento ugualmente la necessità di porre il problema, ben individuato dal saggio Aristotele nel suo Politica, quando già 2600 anni fa circa lamentava la difficoltà di costituire il bene comune esprimendo, in modo al solito impeccabile, il concetto di "costituzione dei vincitori".

Si parla, per essere chiari, dell'insulsa demonizzazione di un ideale storico e politico a seconda di come giri il vento delle vittorie e delle sconfitte, militari (fascismo) e sistemiche (comunismo) . Occhio, qualsiasi esso sia, non sto facendo distinzioni nemmeno con il nazismo. E' che questa storia, semplicemente, ha rotto le scatole a tutti, anche se in pochi hanno il coraggio di dirlo per i ben noti tabù sul tema. 
Voglio sapere di una sola persona che, tra amici, non abbia conosciuto un fascista o un comunista, pur "polemici" in quanto referenti di ideologie che, di fatto, sono morte e sepolte: poi vorrei che questi signori mi dicessero quanti di questi sono degli spietati assassini, dei picchiatori e dei furtanti politici. Chiunque mi risponda con dati abbondanti, saprebbe benissimo di mentire sapendo di farlo. O, nell'ipotesi di buona fede, avrebbe semplicemente vissuto in una comunità di teppisti.

E' un sostrato esclusivamente mediatico, quello della vicendevole condanna demonizzatrice (più sfavorevole al fascismo qui in Italia, a causa della sconfitta) che non ha, davvero, più senso di esistere. Con la realtà ha poco in comune, se non l'identificazione del tutto inconsistente di gruppi di criminalucci che motivano il loro bisogno di sfasciare con delle vecchie bare ideologiche di cui, tra l'altro, non capiscono niente.

Fascismo e Comunismo hanno creduto in degli ideali. Sociali, economici, nel primo caso pure patriottici. Non si può, dalla mattina alla sera, continuare a fare la croce a chi ne valuta positivamente le idee (e in certi casi pure i risultati) perchè hanno prodotto anche delle distorsioni criminali estremamente serie. 

Al fascista non si fa che rimproverare dall'alba dei tempi l'omicidio Matteotti, le leggi razziali e della guerra persa. Indipendentemente da ogni possibile controbattuta si possa fare, questo povero cristo sarà padrone di essere favorevole ad un'idea patriottica della vita, ad un'idea sociale dell'economia, ad un'idea dell'urbanizzazione decentrata, o a una serie di esperimenti economici purtroppo mai concretizzati realmente (socializzazione e corporativismo)?
Al comunista si condannano dalla mattina alla sera le decine di milioni di morti prodotte da Stalin, Mao, Pol Pot ma anche, in minor misura, da buona parte dei dittatori al governo nei paesi di tipo sovietico (Ceausescu in Romania, Rakosj in Ungheria i più sanguinari, molti altri ben più morbidi), si condannano (molto meno, in verità) il principio dell'odio di classe e della conseguente violenza, ma diciamo che anche a "lui" le pulci vengono fatte eccome. Ma anche questo povero disgraziato sarà padrone di credere nella meta finale, nell'uguaglianza assoluta degli uomini e nel paradiso in terra profetizzato da Marx? Indipendentemente dal giudizio critico che si può avere di ciascuna di queste idee, potrà pure o no?
Sì, "difendo" pure il Nazismo. E non mi si faccia la morale, non è questione di politica, nessuno sano di mente potrebbe mai dire che la Shoah fosse una cosa buona e giusta (come non potrebbe dirlo di nessuno sterminio al mondo!), se andiamo sul giudizio squisitamente politico non c'è nessuno più severo di me (visti i danni indelebili lasciati anche in casa nostra), ma pure lì la demonizzazione ha esaurito la propria vena retorica. Il nazismo nasce come reazione ad un trattato di pace umiliante come quello di Versailles del giugno 1919: era un movimento di riscossa nazionale tedesco. Una riscossa contro l'umiliazione della Germania, costretta solo ed esclusivamente in quanto sconfitta, a ridurre il proprio esercito al lumicino e a concedere le redini del controllo della sua regione più produttiva ad un  Paese vincitore. Lo si può ritenere negativo quanto si vuole e condannare fermamente l'antisemitismo che lo caratterizzò, ma la locuzione "male assoluto" è qualcosa di troppo opinabile per essere spalmata su una qualsiasi delle ideologie totalitarie avverse a quella di "propria appartenenza culturale".

Ora, io ho conosciuto persone che hanno approvato parecchi dei dettami ideologici di ciascuna di queste ideologie (delle prime due soprattutto, sul nazismo vi sono più tabù). Ma vi pare che, da sano di mente, dovrei criminalizzarle tutte semplicemente perchè si ritrovano o si ritengono eredi di un ideale che, come tutti gli ideali prodotti dall'uomo, può condurre a estremismi e disastri? 
Una signora, collega professoressa e molto amica del mio defunto padre, che non dimenticherò mai, era una comunista sfegatata. Mai incontrato una persona più buona in vita mia.
Questa signora credeva nella lotta di classe e nella rivoluzione proletaria. Credeva al medesimo principio che Stalin utilizzò per sterminare milioni di contadini kulaki. Cosa si dovrebbe fare con lei, denunciarla per ideologismo potenzialmente applicato in modo criminale? 

E non ha mai pensato che mio padre fosse un pazzo assassino perchè giudicava con favore parecchie delle riforme fatte dal fascismo. I loro corrispettivi pubblici, però, si lanciavano peste e corna a vicenda, in uno squallido teatrino che, lo ribadisco, non ha alcun contatto con la realtà.
Siamo seri, basta!

Sono idee che hanno proposto nel secolo scorso una loro visione del mondo, l'una internazionalista e l'altra patriottarda (anche se molto più "internazionale" di quanto si creda, visto il sostegno del nazionalismo era diretto anche  fuori dell'Italia, esattamente come tra i comunisti si sovvenzionava la rivoluzione in altri paesi).
Tra le loro fila ci sono state persone normalissime, in molti casi masse intere, che hanno semplicemente creduto in qualcosa: non è giusto crocifiggerle su queste basi. Come non è giusto identificare tra le loro fila una massa di drogati trogloditi teppistelli senza la minima idea di cosa fosse un ideale politico. Che le degenerazioni degli ideali abbiano prodotto anche dei mostri è un altro discorso. 

Ho sempre detto che al comunista non rimprovererò mai il dramma di un pensiero che sosteneva la lotta sanguinosa contro le classi borghesi. Una lotta da decine di milioni di morti, e in tempo di pace! Perchè ha semplicemente creduto troppo in qualcosa che - personalmente - osteggio con tutto me stesso, ma che non ho intenzione di criminalizzare a livello personale. 
Come non vorrei essere criminalizzato a causa di una guerra fallimentare e delle leggi razziali, se poi devo pure vergognarmi o sentirmi in colpa per il fatto di approvare con estremo favore le bonifiche, le città, le pensioni, lo stato sociale e, soprattutto, l'idea di riscossa nazionale del mio Paese.
Non si può più. Non verso le persone normali, i comuni lettori e umani speranzosi come me, anche se di segno opposto che non hanno mai alzato un solo dito contro nessuno.
Personalmente mi schiererò sempre contro questa follia teologo-storica delle idee, nata dal dogmatismo democratico che viviamo oggi e da una martellante propaganda che subiamo dalla prima elementare fino all'ultimo giorno di Università. Un dogmatismo che impedisce anche una seria pacificazione sul tema ideologico, in quanto sfruttato a seconda del bisogno per dare ancora addosso all'avversario e delegittimarlo storicamente e moralmente.

Mi rendo conto di essere l'unico povero ingenuo in questo paese a coltivare certi sentimenti, ma ogni volta che il tema si fa caldo non posso fare a meno di esternarli.


Nessun odio per nessuno, nè per le ideologie passate nè per i loro eredi presenti che vengono comunque da quelle tradizioni. Solo contestazione. E' il mio sogno. So perfettamente che non verrà mai esaudito, sono troppe le forze macropolitiche e lobbistiche interessate a mantenere questo status quo.

Ma avevo bisogno di esprimerlo. 
Saluti a tutti, nel rispetto di tutti e senza strumentalizzazioni. Con l'unico interesse di mettere in galera i teppisti, possibilmente senza dovergli attribuire, per forza, un colore politico per dare il via alla solita sequela di strumentalizzazioni.



Dalle offese reali a quelle costruite

Si viene a conoscenza della montatura per l'insulto di Siani al ragazzo grasso, membro del cast del suo ultimo film. Quindi abbiamo scoperto che, invece di un insulto spontaneo, ci troviamo di fronte a un insulto costruito, alla sponsorizzazione della mancanza di rispetto e alla dignità sotto zero di un giovane ragazzino attore. Per non parlare di quella dei suoi genitori, disposti a svenderla per qualche soldo. Sono davvero sollevato.

martedì 10 febbraio 2015

Ragazzine in delirio ormonale, ragazzini umiliati perchè timidi o deboli, ma ci si ricorda di loro solo quando sono violentati con l'aria compressa

Il ragazzino del liceo, il fighetto che insultava e si metteva in mostra sulle spalle dei malcapitati più deboli e timidi.
Era quasi sempre un figlio di papà, famiglia di avvocati o professionisti con stipendi belli cicciotti. L'estate, gli aperitivi in piazzetta a Capri con mammina e papino.

Però giocava a fare il popolano, infarciva il suo italiano (assolutamente di rigore in famiglia) con forzatissime frasette in napoletano. Stava sulle scatole ai pochi, pochissimi, che nel mondo giovanile sapessero cosa fosse l'umanità.

In compenso piaceva da morire a femmine eccitate e piene zeppe di valori morali, pronte a ergersi come moraliste del femminismo educativo negli anni a venire. Tutto torna.

Questo è Alessandro Siani, la rappresentazione in chiave "comica" di quello scempio. Eccolo, signori miei: il pagliaccio brutto dentro e fuori si è lasciato scappare la stessa battuta fuoriuscita da quella specie di bocca quando è stato ospite di Masterchef, quando apostrofò un uomo in sopravveso dubitando della sua capacità di spostarsi, ridendo da solo quale è sua abitudine. Stavolta il ragazzino era in prima fila nel teatro, il Signor Sensibilità gli chiede ironicamente se potrà mai entrare nel suo posto, il tutto davanti all'imbarazzo visibile di Carlo Conti.
Però ehi, ha concluso il suo spettacolare monologo con qualche frase sentimentaleggiante e una dedica a Pino Daniele. I napoletani lo perdoneranno sicuramente, del resto il sentimento è sentimento.

E lo dimostra qualche commento che, sulla rete, ha sdrammatizzato il fatto, liquidando gli offesi e i risentiti, con frasi come questa:
Se il web si infuria per una battuta stupida è perché non hanno un cazzo da fare,pensate a cose piu importanti...
Perdinci, ha proprio ragione. Immaginiamo quali possano essere le cose importanti per chi scrive un commento del genere. La crisi, i figli, la scuola, nella migliore delle ipotesi. Soldi nella peggiore.
In ogni caso niente che possa riguardare elementi fantascientifici come sensibilità, rispetto, dignità della persona. Di quella, chissenefrega.
Pensate alla salute, si diceva. Ma mica quella mentale, mica la serenità, su quelle soprassedete tranquillamente. Il ragazzino, che chissà quanto sarà stato preso in giro da energumeni simili al dottor Siani, può direttamente traumatizzarsi da sè, non ci perdiamo dentro queste pinzillacchere.
E poi non c'è nessuna pistola ad aria compressa, non c'è motivo di allarmarsi. Sò ragazzi.

Il Giornale ha fatto una breve cronaca del tristissimo intervento del tristissimo comico nel tristissimo Ariston nel corso del tristissimo Sanremo. E' tipico di chi farebbe ridere solo ragazzine dagli ormoni impazziti rifarsi insultando il prossimo e non avendone alcun rispetto.
Ripropongo un secondo link all'articolo, di cui potete vedere l'estratto.
Complimenti, Siani!












giovedì 5 febbraio 2015

Un popolo dai due volti: inciviltà e follia critica collettiva

Si parla, tanto per essere chiari, della metropolitana di Napoli, delle sue splendide stazioni dell'Arte e non delle sue inefficienze nè dei costi indubbiamente abnormi sostenuti per aprire nuove fermate.  O meglio, se ne parla, ma per criticare chi non riesce a scindere le mele dalle pere, o peggio ancora un salame napoletano da un gorgonzola. Perchè sono discorsi diversi allo stesso modo.
Non si parla nemmeno del dramma tutto italiano riguardante i secolari tempi dei lavori, che ovviamente rende Napoli la peggiore sotto questo punto di vista.

Non sono mai stato tenero con i napoletani e, in generale, con Napoli. Città meravigliosa, la mia, una culla di storia dell'arte italiana, rinascimentale e di era moderna, purtroppo abitata da masse di energumeni incivili col solo interesse di imbrattare monumenti, giardini e strade, distruggere invece di glorificare, come la storia imporrebbe, incapaci come sono di comprendere bellezze artistiche di prim'ordine. Di converso, una borghesia atavica che avrebbe eccome i mezzi per imporre quella rivoluzione culturale necessaria al progresso civile dell'intera metropoli, ma preferisce sottomettersi alla Napoli plebea, schiacciata dai pregiudizi classisti e da un'insolita ammirazione per il dialetto ed altre manifestazioni sottoculturali assurte a motivo di un orgoglio mai espresso nei circa 7 secoli di storia precedenti all'Unità d'Italia.
I pochi civili esistenti a Napoli hanno un altro vizio, comune ad altri italiani: criticano a prescindere, sospendono la loro razionalità, addirittura corrompono in modo quasi patologico sensi come la vista, e non comprendono tre concetti di una banalità sconcertante. 

Il primo: se un servizio non funziona come dovrebbe (come è la metropolitana di Napoli), non è dovuto al suo modo di presentarsi, bello o brutto che sia. Semplicemente, essere belli rende per lo meno gradevole, nella peggiore delle ipotesi, qualcosa che non funziona. E poichè Napoli dovrebbe essere una città magnificata almeno dalla bellezza (il che non significa sia sufficiente nè prioritario, ma comunque importante), una delle poche volte in cui si realizza qualcosa che risponda a queste caratteristiche, andrebbe quando meno visto con un'occhio curioso, non criticone.
Il secondo: che la città sia abitata da incivili non implica che non debba fare di tutto per mostrare ed esaltare quanto scrivevo sopra. Ora, questo non avviene praticamente mai, Napoli è una bella donna distrutta dagli anni e dai figli di buone donne che la abitano, di moderno ha prodotto solo quell'aborto di centro direzionale che non ha fatto altro che peggiorare la vista panoramica. Da 20 anni c'è anche (in modo del tutto eccezionale, purtroppo) qualcosa di bello, ma  secondo i criticoni non si può nè costruire nè produrre perchè gli incivili poi lo rovinano. Bel modo di ragionare.
Il terzo: se, come molte opere pubbliche fatte in Italia, il lavoro viene realizzato in ritardo e con costi abnormi, non c'entra, di nuovo, nulla con il risultato finale. 

Questi concetti, assolutamente imbarazzanti per semplicità, vengono completamente ignorati quando si parla della Metropolitana di Napoli, definita dai napoletani criticoni come uno spreco di denaro, un cesso, o, nella migliore delle ipotesi, una cosa bella che "andrà rovinata comunque, quindi tanto vale non farla". Per essere chiari, parliamo della seconda Linea (ossia prima la cosiddetta Collinare inaugurata nel 1993) e delle stazioni nate in seguito. Quindi non dell'orripilante prima linea, unica metro di Napoli fino agli anni Novanta, ridotta ancora, se si fa eccezione di qualche stazione ammodernata, a livelli di indecenza fuori dal comune.
Tornando alla Collinare, si parla di una  struttura cominciata con fermate tradizionali e proseguita, nelle successive aperture, con le famose "stazioni dell'arte", chiamate così in quanto richiamanti determinati periodi storici o i nomi delle piazze in cui si trovano: si ricordano le metro di Salvator Rosa, di Mater Dei, di Piazza Dante e Cavour, che hanno seguito questo criterio. 
E da allora via con un altro, solito, vizio atavico degli italiani: il paragone con l'estero. Posto che non conosco, a parte Mosca, una sola metropolitana in Europa che sia bella più o anche semplicemente come quella di Napoli (sì, bella, non efficiente, se vogliamo discutere di altro apriamo un'altra discussione, grazie) sarei davvero curioso di vedere cosa penserebbero i signori sapientoni e dai gusti raffinatissimi allor quando vedessero una meraviglia come quella che - si spera, perchè il problema semmai è quello - tra i tanti sta per essere aperta a Piazza Municipio.

Sì, perchè Napoli si appresta ad inaugurare una delle stazioni dell'arte e, nello specifico, anche una delle piazze dell'arte: di fronte al sontuoso Castel Nuovo, per gli amici il Maschio Angioino (nella foto a sinistra la versione finale). La stazione e piazza, originariamente previste per lo scorso dicembre, sono state posticipate ad aprile. Un progetto che ha del sontuoso: un' area pedonale conduce al palazzo del Consiglio, una "pista" archeologica espone la città archeologica che risuona come un piccolo foro romano nel cuore del lungomare. Sottopassaggo per giungere ai treni, la via Marina ancora intatta. Non ci sarebbe nessun motivo per definire una cosa del genere nè brutta, nè fastidiosa, nè contraria all'esaltazione della bellezza di una città che avrebbe tanto da dare e da mostrare e sarebbe giusto che si muovesse in tutte le direzioni sotto questo punto di vista. Eppure, nascosti come serpi ma poi sempre pronti a venire fuori, i commenti sulla rete sono tra i più negativi possibile. 

Qualcuno, secondo me l'unico a ragionare minimamente, critica il nuovo aspetto della piazza rispetto a quello originario (che potete ammirare in foto). Ma questo poco ha a che vedere con il fatto che l'evoluzione visiva sia una cosa naturalissima in una città e non per questo vada vista per forza in modo negativo.
Qualcuno critica l'ostacolo alla viabilità, lamentandosi dell'inefficienza dei trasporti a Napoli. Solito modo di piangere senza fare nulla per migliorare le cose. E migliorare le cose, per i cittadini civili, significa prendere il mezzo pubblico, abbandonare l'automobile, alzare il proprio deretano e camminare senza i comfort dei quali si è tanto gelosi e attaccati. Al massimo significa parcheggiare il proprio veicolo ai limiti del centro (se si viene da fuori), andando in giro solo con gli autobus. Non ci vuole un genio per capire che il peggior bus del mondo funzionerebbe in modo nettamente migliore senza traffico. Caro cittadino criticone, comportati per primo responsabilmente, poi puoi pure iniziare a protestare!
Se la stragrande maggioranza dei napoletani smettessero di affollare le strade con i propri veicoli profumati, pieni di comfort ma contrari al bene pubblico e civico, sarebbe un buon punto di partenza.
Quindi sì, non me ne frega nulla di dare ragione alla giunta De Magistris e a tutti gli incompetenti che l'hanno preceduta negli ultimi decenni, tutti accomunati dall'attenzione alla pedonalizzazione. Certo, certe scelte gridano vendetta al cospetto di Dio (si pensi al pessimo Lungomare liberato, veramente un pugno nell'occhio per inutilità), ma se dovessi essere onesto, pur di costringere i napoletani con la frusta ad andare a piedi personalmente sarei disposto a pedonalizzare l'intera città, in un vero e proprio stato di polizia sulla mobilità.
Perchè con i barbari non ci può essere nè dialogo nè sensibilizzazione, meritano di essere messi all'angolo. Nello specifico, l'angolo di un'isola pedonale.
Gli altri commenti? Deliranti. Alcuni spacciano un legittimo gusto personale per una verità assoluta di matrice biblica.
Mi sono preso la premura di prenderne tre (piuttosto rappresentativi del livello di spegnimento mentale a mio giudizio) e di riportarli qui di seguito.
 
  1. Già immagino un sacco di barboni accampati in mezzo a quegli scavi. [Lamentarsi per avere una rigida applicazione delle pene contro i vandali non sarebbe più sensato di questo futile piagnisteo? nda]
  2. Una vera schifezza è dire poco, cemento e sempre di più cemento, ci auguriamo che almeno sia armato.
  3. Una distesa piatta e spoglia con qualche alberello. Questo è quel che resta della bella piazza rifatta da Lauro. Non capisco perché la costruzione di una metropolitana debba stravolgere lo stato dei luoghi sovrastanti. [Perchè nel mondo esistono gli aggiornamenti urbani forse? Perchè se non ci fossero in Europa saremmo in pieno romanico e il liberty manco lo conosceremmo? O Napoli è l'unica città che abbia subito dei cambiamenti nel tempo? nda]
 

Addirittura c'è chi mortifica perfino  la splendida stazione Toledo (in foto), inagurata da due anni, definendola un fondale di piscina. Siamo all'estremo della follia, in pratica una cosa una che la Napoli moderna abbia prodotto di bello, viene criticata senza alcun motivo logico. Nella migliore ipotesi vengono chiamate in causa altre  tematiche che, come dicevamo all'inizio di questo articolo, con la bellezza non c'entrano nulla: "non funziona, costa troppo, anni per costruirla". La signorina CNN, stilando la classifica delle stazioni più belle del mondo, l'ha messa al primo posto in Europa. Al tredicesimo c'è quella di Materdei. Ma come mai, dico io?! I signori criticoni sono così solerti nel gridare all'estero quando si fa beffe di noi, e se ne dimenticano altrettanto tempestivamente in questi frangenti?

Questo modo di pensare è tipico di chi vuole morire. Di chi vive una forma di illogicità visiva, oltre che una depressione a questo punto molto seria, visto che coinvolge anche il più superficiale dei sensi. E' gente che ha perso, in massa e quindi in una forma di follia collettiva, totalmente il lume della ragione, incapace com'è di capire che la bellezza di una metropolitana come quella di Napoli è qualcosa da preservare e da salvare in un mare di immondizia generale, non da offendere.
Sicuramente spiegabile sociologicamente da un'educazione all'indignazione ben radicata e dovuta alla moltitudine di nefandezze che lo Stato italiano e, nella fattispecie, Napoli, ha prodotto in decenni di autogoverno. 
Comprensibile da un punto di vista psicologico, non scusabile da uno pratico. La metropolitana di Napoli inaugurata nel 1993 e proseguita negli anni successivi resta, nonostante la puzza sotto il naso di questi signori, un esempio di bellezza e di arte moderna per tutto il mondo. E non funziona bene indipendentemente dal suo aspetto, ma per altri motivi seri che la sua bellezza, per fortuna, non inficia. 
 
Ci possiamo pure schierare contro i suoi costi di produzione, ma è una valutazione, di nuovo, soggettiva. Personalmente credo che le stazioni dell'arte siano un modo per valorizzare una città che dovrebbe esprimere bellezza in tutte le epoche, non soltanto in quelle passate. E se la metropolitana è un modo moderno di esporla, nonchè l'unico attualmente in vita, ben venga. Di altro non si è prodotto, nel liquame puzzolente in cui è piombata la città. Quel poco che c'è va valorizzato, non depresso.  
Che i napoletani distruggano tutto ciò che gli passa sotto mano non c'entra nulla col fatto che la metropolitana napoletana sia la più bella d'Europa dopo quella di Mosca, fatto riconosciuto non dal sottoscritto, ma da classifiche straniere terze. Quindi la soluzione non è non realizzarla, sacrosanto per una città che dovrebbe produrre bellezza in eterno. Ma sterminare i napoletani incivili che imbrattano. Punto.

Chi segue quel modo di pensare distruttivo è limitato al pari di chi si lamenta per la candidatura italiana alle Olimpiadi del 2024. 
Un problema senza senso. Viviamo in un mondo in cui fior di paesi, anche con emergenze ben più serie di quelle che abbiamo in Italia, ospitano manifestazioni sportive importanti: non organizzarle non migliora nè risolve i problemi, uccide soltanto definitivamente un popolo che rinuncia, così, a qualsiasi sfida per il futuro. Perchè le sfide per il futuro spingono per lo meno a tentare di migliorarsi, e non a suicidarsi definitivamente.

mercoledì 4 febbraio 2015

Prosa leggera di Destra



Essere di Destra è un sogno.

Essere di Destra è non rinunciare alle proprie visioni romantiche davanti a nulla, nemmeno alla società che, con insistenza, ti chiede di farlo.

Essere di Destra è amare la propria Patria, conoscerla e rispettarla: indipendentemente da quanto lo faccia chi vi è intorno, pure a costo di rimanere soli.

Essere di Destra è amare i concetti stessi di Patria e di Identità. E' rafforzare e valorizzare le differenze tra gli uomini, le caratteristiche peculiari, rispettarle e preservarle.

Essere di Destra è credere in un mondo di splendidi colori, culture, etnie e razze. Perchè siamo tutti bellissimi e non c'è che essere orgogliosi di tutto questo.

Essere di Destra vuol dire credere in un progresso dell'umanità sostenibile.

Essere di Destra vuol dire contrastare lo spopolamento di intere aree mondiali in favore del sovraffollamento di altre, promuovere una fiscalizzazione di aiuti ai Paesi in difficoltà, affrontare i problemi, non liberarsene per crearne di ulteriori.

Essere di Destra significa credere nella parità di diritti tra individui meravigliosamente diversi.

Essere di Destra è proteggere le patrie altrui nel mondo, difenderne l'importanza storica e culturale.

Essere di Destra  è, in piena eredità della cultura fascista, desiderare la concordia e la pace sociale, in contrapposizione alla lotta di stampo marxista.

Essere di Destra è credere nelle garanzie ai cittadini e in una vita più che dignitosa dell' individuo al punto più basso della scala sociale.

Essere di Destra è, talvolta e in piena libertà di coscienza,  credere anche in una dimensione spirituale dell'esistenza.

Essere di Destra, oggi, è possibile. E spero con tutto il mio cuore che in tanti prima o poi lo capiscano.