Auguri a Carlo Verdone, uno dei più grandi maestri sottovalutati del nostro tempo, di cui sono onorato di sentirmi grandissimo fan da sempre, apprezzando la ignorata sperimentazione presente in quasi tutte le sue pellicole e la spiccata sensibilità sociologica sempre dimostrata anche nei suoi peggiori lavori. Agli auguri aggiungo l'auspicio che una mente vivace e culturalmente
profonda come la sua ritrovi l'ispirazione smarrita negli ultimi 14
anni, dove a parte un paio di film siamo ben distanti dai livelli artistici
raggiunti negli anni Ottanta e Novanta.
Ricordo quella sera del 19 febbraio 2013 come se fosse ieri: giornata di memoria, nostalgia, ricordi rifiniti
della mia famiglia e della mia educazione giovanile. Una famiglia,
la mia, da sempre legata all'italianità. Ebbene io, come mio padre, come la mia famiglia, ci
riconoscevamo nel romano Alberto Sordi quanto nel napoletano Totò o nel lombardo
Tognazzi, e a me, unico superstite, riesce oggi difficile credere che
esistano molti che non lo facciano più.
La succitata memoria riporta alla mente la mia passione
per la commedia all'italiana degli anni monocromatici, quelli che mi
sono stati raccontati ma che non ho mai vissuto nè respirato.
Gli
anni di Antonio de Curtis, di Vittorio De Sica, ma soprattutto di Alberto Sordi. Al contrario di molti compaesani, cresciuti nel mito
di Totò, il sottoscritto ha sempre subito maggiormente il fascino
irresistibile del comico romano. Non era questione di stabilire chi
fosse migliore o peggiore, perchè diciamola tutta, il Principe
napoletano probabilmente superava qualsiasi attore cinematografico e
teatrale mai nato in Italia.
Era
una questione di impronta, di quello strano destino che a volte conduce i miti verso una gloria minore e i grandissimi, ma leggermente
meno "stellari", ad avere una carriera impeccabile. E Sordi, senza ombra
di dubbio, apparteneva alla seconda categoria. Il Principe, nonostante viaggi frettolosi tra un contratto e l'altro, rimarrà il miglior attore italiano della
storia.
Albertone ha inanellato invece un gran numero di capolavori o, molto spesso, film di indubbio
valore sociologico, anticipando in questo il presunto e rinnegato erede
Verdone negli anni Ottanta. Dalle popolari vicissidutini de Il Vigile ed Il Conte Max fino ai drammi di Tutti a Casa e La Grande Guerra, per non parlare del sottovalutatissimo cult grottesco di Ettore Scola La più bella serata della mia vita, ed altri ancora.
Quella sera si commemorava la sua morte con un documentario, girato (lo si
vedeva) con emozione dall'erede rinnegato, che amo per motivi simili ma evoluti rispetto a quelli che mi avevano avvicinato ad Albertone. Il fulcro, tra flashback e sketch passati, la
meravigliosa "villa galleria" di Sordi, tornita di sale da pranzo
sontuose, camere da letto pittoresche e uno sfavillante teatro
personale, con tanto di camerini dedicati.
Nel finale, tra passi de Il Marito e de Il Marchese del Grillo,
la chiusura di campo sulla saletta personale, memorabile impronta di
una residenza che, quando sarà, dovrà assurgere al ruolo di Museo che
tutti gli spettatori in sala hanno immaginato potesse un giorno
diventare.
Usciamo dal cinema attoniti e parzialmente commossi.
Percorriamo Piazza Cavour per avviarci verso l'automobile parcheggiata
parecchi isolati più avanti, scorgiamo Carlo Verdone che tornava nel
cinema per presentare lo spettacolo delle 21:30. Titubo, avevo portato
una macchinetta fotografica ma per un secondo ho pensato di non osare.
Un secondo durato un'eternità!
"Signor Verdone!" abbandonando una
colloquialità ipotetica che non so perchè mi ha sempre ispirato in
passato "complimenti vivissimi per il documentario! La farebbe una foto
con me?"
"Eh ma mi aspettano, come faccio..."Un po' intristito
ribatto "non fa nulla, non si preoccupi!" con l'intenzione ferma di non
sembrare invadente.
"Vabbè, dai, un attimino!" mi dice sorridendo...Chiusura ideale di una serata indimenticabile.
Ciao Carlo, spero di avere occasione di rivederti dal vivo, è stato un vero onore.
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