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A Walt Disney Silly Symphony!

martedì 13 ottobre 2015

Il giorno del male e del bene. E se il bene è italiano non è mai al completo




Un piccolo pensiero sulla giornata politica di oggi, fatta di due cose contrapposte, la follia assoluta fuori dalla geopolitica e la logica di chi non ce la fa più a tirare avanti. In parole povere Ius Soli e riforme costituzionali, tanto lontane quanto inevitabili. Alfa ed Omega, come si suol dire spesso.

Facciamola semplice sul primo punto: dare la cittadinanza a tutti è una follia, un passo ulteriore verso l'abolizione delle regole. Sì, gli economisti filosovietici (o filocomprati, tanto l'effetto è lo stesso: è l'unica opinione che viene diffusa a livello europeo e soprattutto italiano) continuano ad essere braccio destro della propaganda pro-invasione, ed esaurite le precedenti carte ora si giocano quella della diminuzione demografica nei prossimi 50 anni (un dato scontato che qualsiasi demografo conosce da almeno 40 anni, ma loro ci hanno messo un po') che ci imporrebbe di farci invadere dalle etnie del resto del pianeta ma ehi, manco a parlarne di preservare le nostre, che avere idee anche solo parziali di politiche sulla natalità è fascista, non sia mai.
Nella loro prospettica visione diminuire una densità demografica che scoppia da decenni è inoltre una brutta cosa, e deduciamo - rigorosamente adesso che serve - che paesi come Svezia, Norvegia o Danimarca o Svizzera siano delle aree depresse, in quanto non esasperatamente popolate, anche se chiunque di noi (milionari esclusi) sognerebbe di avere anche la metà del loro reddito pro capite. A queste fandonie rivestite di tecnicismo (che ben si accoppiano a quelle intrise di moralismo secondo le quali bisogna accogliere all'infinito profughi che spesso muoiono per strada, invece di aiutare i paesi di origine a risollevarsi e a stabilizzarsi per, magari, non farne morire proprio più), al bisogno culturale della sinistra di divenire maggioranza storica del Paese (obiettivo che viene perseguito da almeno vent'anni con la strategia di favorire nuove cittadinanze a volontà e presentarsi come coloro che hanno regalato il diritto di voto ai nuovi italiani) viene incontro l'approvazione alla Camera dello Ius Soli, ossia il diritto di cittadinanza per semplice nascita sul suolo italiano, senza alcun legame di parentela con italiani e senza nemmeno bisogno di arrivare all'adozione. Solo con l'ultimo punto si spiega come una volpe quale Matteo Renzi possa aver promosso un pasticcio al di fuori della storia contemporanea di tutti i Paesi europei medio-grandi, la cui densità demografica è così elevata per cui, senza essere dei geni, non è difficile comprenderne la miopia assoluta. Certo, fino a che non ci sarà quel calo demografico che secondo i sedicenti economisti dovrebbe farci precipitare nello strapiombo della possibilità eventuale di essere di meno e con redditi pro capite elevati di cui non ci sogneremmo mai di dimenticare l'eventualità (escludendo sempre a prescindere l'idea di continuare ad esistere come etnie, ma quello, dicevamo prima, è troppo fascista). Nel frattempo, fino ad oggi, gli unici ad applicare lo Ius Soli sono stati i francesi, per di più alla luce di una storia di rapporti ex-coloniali ben nota, ma chissà, guai a dire che attuino una politica totalmente fuori dalla logica, magari imitarli sarà di buon esempio per tutti. Tutto questo mentre Stati Uniti e Australia stringono le proprie maglie, nonostante la promessa di Washington di accogliere un certo numero di rifugiati nord-africani nei prossimi 10 anni: le chiacchiere sono facili, chi corre forsennatamente per farsi invadere, però, è l'Europa, un continente che non può neanche lontanamente sognare il paradisiaco rapporto di abitante per chilometro quadrato che c'è negli USA e - manco a dirlo - in Australia. Vabbè.



L'altra faccia della medaglia sono le riforme costituzionali, approvate in parlamento con 179 sì, 16 voti contrari e 7 astenuti. Ci siamo? Per come la vedo io, ben poco. E' un inizio di semplificazione, estremamente contenuto, per il quale Renzi e il suo governo hanno dovuto sudare non sette, ma diverse decine di camice, trovandosi per di più di fronte allo spettro della ghigliottina referendaria che già tagliò la testa a chi li ha preceduti.
Si riducono i senatori e si inglobano nel ruolo i governatori locali. Si elimina il potere paritario dell'assemblea anziana, quindi il famigerato bicameralismo perfetto. Qualcosa - indubbiamente - è.
Ma i problemi della folle costituzione democratica italiana sono molti di più. La riforma del 2005 proponeva di abbatterne almeno una buona metà: si riducevano i parlamentari anche in quel caso, e pure in modo consistente, ma soprattutto si puntava alla responsabilità di governo e al mandato elettorale ben più diretto verso il presidente del consiglio. Soprattutto si riabilitava un concetto fondamentale: quello della possibilità, per il governo, di fare il proprio lavoro, di essere responsabile di fronte al Paese solo a mandato scaduto e non prima, quando in teoria dovrebbe essere impegnato a gestire e ad eseguire le leggi, non a trattare con le minoranze parlamentari e con i cortei in piazza. E' vero, non era un presidenzialismo completo, somigliava al famoso vice-presidenzialismo alla francese, con presidente della Repubblica e del Consiglio ancora entità distinte e, soprattutto, con il primo ancora eletto dal Parlamento e non dal popolo. Quella riforma, che avrebbe risolto molti (anche se non tutti) dei problemi di ingovernabilità che l'indifendibile Costituzione italiana ha generato (a differenza di praticamente tutte le sue colleghe occidentali, sempre democratiche ma non stupide, per utilizzare un'espressione facile) dal 1948 in avanti, è stata bocciata senza appello dal referendum del 2006, schiacciata da una propaganda distruttiva a favore, ancora una volta, di un immobilismo di cui gli italiani come popolo non tengono mai conto, a differenza delle bollete che, spalleggiati da media populisti, puntualmente chiedono sempre alla classe politica additandola come sola responsabile della situazione in cui ci troviamo. Comodo.
La riformina di Renzi, davvero minuscola rispetto a quella del 2005 ma che pure propone semplificazioni importanti (avere iter legistlativi più snelli è sicuramente un punto a favore quanto meno per la velocità del lavoro di presidente, ministri e parlamentari che ricordo, paghiamo sempre con i nostri soldi) dovrà affrontare lo stesso gigantesco ostacolo. Stavolta le opposizioni dottrinali sono di meno, nonostante l'assurdo parallelismo il fiorentino non è considerato come Berlusconi e, soprattutto, non viene da destra, almeno in via ufficiale. Tutti fattori che possono aiutare a superare l'ostacolo insormontabile del Referendum. Auguri, signor Matteo.

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