Copertina

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A Walt Disney Silly Symphony!

mercoledì 18 febbraio 2015

Ode a te, Alexis!


Premessa numero uno: le chiacchiere stanno a zero, anche quelle del neo premier greco (nella foto) difficilmente andranno oltre. Non è una mia capacità quella di prevedere il futuro, non so se l'eventuale capitolazione sarà colpa sua oppure no ma per il momento non posso che applaudire. 
Premessa numero due: sarò anche superbo, ma se uno soltanto dei sinistroidi del pianeta (in particolare italiani) avesse l'apertura mentale del sottoscritto, sono convinto che in politica lavorerebbero tutti meglio. Anche dei destroidi, diciamoci la verità. Ma la sinistra "storica" ha maggiori responsabilità, in quanto "vincitrice morale" post-1945 e solo parzialmente sconfitta (finalmente anche nell'etica) nella ben più blanda (rispetto al conflitto mondiale, s'intenda) debacle del 1989. 

Svolgimento: l'excomunista Alexis Tsipras (ma comunista dentro, anche se non più praticante come qualsiasi ex-ideologo, di qualsivoglia colore, ancora vivente oggi: non raccontiamoci balle) , come da previsioni vincente alle elezioni greche, dopo dichiarazioni iniziali decisamente più favorevoli al dialogo con le istituzioni europee, è in trincea da una buona settimana contro l'Eurogruppo e i suoi Euroschiavisti vari, tra i quali Wolfgang Schaeuble (Germania) e Jeroen Dijsselblom (Olanda), nella fermezza di non voler accettare nessun nuovo piano di "aiuti" europei, che nei nuovi vocabolari ormai potrebbero essere affiancati tranquillamente alla parola strozzinaggio
"Nemmeno con una pistola puntata alla tempia firmeremo il prosieguo del sistema di aiuti" dice il premier greco, "accetteremo solo con una revisione dei parametri di stabilità".

Sì, perchè Tsipras, al di là di posizioni politiche su altre questioni ben lontane dalle idee del sottoscritto, ha messo sul piatto la verità dei fatti: che l'Unione Europea non è altro che, al momento, un'organizzazione dedita all'usura internazionale.
Lo è nel Patto di Stabilità (omettiamo pure la seconda prerogativa e chiamiamo le cose con il loro nome), lo è nei parametri di quel patto e lo è nella follia (per fortuna, a quanto pare, sul viale del tramonto) del Fiscal compact.
Uno strozzinaggio di cui siamo tutti complici  (visto che la Grecia deve anche a noi una fetta discreta di debito pubblico) e vittime (dal momento che ci inchioda a parametri di crescita da terzo mondo e ci ridà molte meno risorse di quante ne versiamo).

Per il signor Piercarlo Padoan il rifiuto greco non significa un'uscita dall'euro. Ora, indipendentemente dalla veridicità di una tale affermazione, anche i sassi sanno che il nostro ministro dell'economia è bello che affiliato a Bruxelles e alle sue logiche suicide: fa talmente parte del sistema che è difficile non dargli ragione, ma non il punto è un altro: la cosa fa ancora più rumore se si pensa che stasera sono intervenuti sulla questione addirittura gli Stati Uniti. 
Secondo il segretario del tesoro americano Jack Lew "un mancato accordo danneggerebbe la Grecia, che deve rispettare gli accordi europei ma anche internazionali". E il tweet del ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis aggiunge "ha anche detto che danneggerebbe anche l’Europa. Un avvertimento a entrambe le parti". 
Ora, detto francamente: cosa minchia (perdonate la volgarità) c'entrano ora gli Stati Uniti? Detto in modo schietto: cosa vogliono? Che voce in capitolo dovrebbero avere per "avvertire"? 

Sono tutte domande chiaramente retoriche, e cosa vogliano mi pare evidente: ciò che hanno sempre desiderato, mantenere sotto scacco l'Unione Europea e rinsaldare l'appendice che essa è diventata - di fatto - dopo la nascita dell'Euro, un appendice che già aveva un saldo appiglio nel mancato smantellamento della NATO anche dopo la fine della Guerra Fredda. 
Com'è ovvio il doppio filo che lega uomini piazzati ai nostri vertici proprio dall'UE (come Padoan) e il totale sfaldamento di quello che era sempre stato alle origini, lo scopo dell'Unione quando era stata progettata: un'alleanza tra i giganti del continente. Sì, proprio quello, niente a che vedere con gli European US, e con l'enfatizzazione delle tesi di Spinelli ed altri che lo seguirono, che non furono mai presi in considerazione neanche lontanamente prima dei primi anni Novanta, se non da una componente minoritaria rispetto a quella struttual-funzionalista che fin dal 1954 aveva costituito la base del processo di integrazione europeo. 

Morta l'alleanza, gli Stati Uniti hanno avuto giusto il brivido (oggettivo) dopo la nascita dell'Euro. Tutto il resto, dall'austerità, all'assenza di un interesse per la cultura e le tradizioni europee, alla pretesa folle di credere in un'idea volendola concretizzare solo economicamente, al disinteresse totale per tutto ciò che sia identità, peculiarità, e amor proprio, non hanno fatto altro che andare nella direzione che, secondo me, Washington aveva sempre sperato: quello di ottenere, quasi senza batter ciglio, un secondo strumento di controllo del blocco occidentale da lei guidato: l'Unione Europea. 
La NATO poteva bastare, ma solo fino alla caduta del muro di Berlino. Poi sarebbe servito qualcos'altro. Anche per tentare, invano, di competere con l'emergente potenza cinese. Una lotta che vedrà, salvo sorprese, gli americani come i grandi sconfitti.

Con le dichiarazioni di Lew, oggi (riportate anche dal Corriere della Sera), c'è stato addirittura una sorta di riconoscimento esplicito dello status dell'intero continente come colonia americana. E comincio a sospettare che a dare, trent'anni fa, maggiore eco a Spinelli e a quei poveri disgraziati che lo seguirono ci sia stata (che sorpresa!) sempre la longa manus yankee, ma è un pensiero ancora più astratto. Una vera alleanza europea fa paura, la retorica la rende un agnellino in pasto agli yankee e a un loro eventuale conflitto con la Russia. 

Chiudendo su Tsipras, non si può che rinnovare la stima. Un vero uomo di destra rispetta tutte le dignità nazionali, anche se vengono espresse da un leader di sinistra. Reggerà? Probabilmente no. Ma "se dovesse succedere", sarebbe veramente un grande momento di storia nazionale ellenica.

E a margine, sempre la nostalgia per la nostra povera, piccola, Italia, dove mezzo Paese tuona con la retorica antinazionale, una piccola minoranza di sfigati ancora ha la forza di crederci: in mezzo, un'altra metà vivente nell'indifferenza. 
Ecco perchè non critico troppo Matteo Renzi. Qualcosa ha abbozzato, più dialettico che realistico, per cercare di scalare qualche posizione, ma il risultato è sempre l'incapacità di reagire e di alzare la testa, non dico quanto la Grecia ma - almeno - quanto la Francia. Ed è totalmente indifferente quanto sia prodotto della stessa Bruxelles. La sua condotta è esattamente la stessa tenunta dalla nostra politica estera dall'8 settembre 1943 in avanti. 
Non è altro che un prodotto del nostro sistema, il signor Matteo Renzi. Anche Pella, Craxi e qualcun altro lo erano, ma sono riusciti ad essere delle eccezioni. Eccezioni che, in Grecia, il signor Tsipras non è.

#jesuisalexis



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