Copertina

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A Walt Disney Silly Symphony!

venerdì 16 gennaio 2015

Un modo di non essere?

Direi proprio di sì, diciamolo subito, almeno se si parla di noi
Perchè questo è l'Italia, e, in particolar modo, questa è Napoli, la mia città che, come l'Italia stessa, amo ma allo stesso tempo odio. I motivi sono sempre gli stessi: nessun attaccamento, servilismo, indegna capacità di difendere sè stessi e la propria identità. Con buona pace dei secessionisti e gli anti-unitari: signori, siamo sempre stati così, negarlo equivale ad evitare la realtà!

Le ragioni di odio rammaricato verso Napoli sono un po' diverse da quelle nazionali, è bene precisarlo. Gli italiani sono un grande popolo, anche se non se ne rendono conto: per lo meno, è grande la loro tradizione culturale, la loro tradizione artistica che si traduce nella maggiore delle loro qualità: le eccellenze che propone come minoranza. E Napoli fa parte, pur in modo contorto e sempre attraverso una minoranza (probabilmente ancora più ristretta) di questa storia "di santi, poeti e navigatori" per utilizzare una frase fatta ma anche abbastanza vera. 
La massa, ahinoi, è purtroppo inerme, pessimista, completamente distante dal qualsiasi concetto di collettivo patriottico ma anche locale (pur inventandosi nazionalismi napoletani, sardi, veneti e dulcis in fundo padani mai esistiti nella storia) indifferente alla propria incredibile storia e alle proprie radici. Quindi il giudizio sugli italiani nel complesso è decisamente meno impietoso: la loro condanna è, essenzialmente, di non essere orgogliosi di ciò che hanno prodotto nella storia, di non essere collettivo, di non sentirsi nazione e, soprattutto, di essere pessimisti oltre ogni logica. Di essere in grado di costruirsi un futuro luminoso in cui, però, l'Italia non ci sarà, come disse acutamente Montanelli.
I problemi? Ce li hanno tutti, moltissimi Paesi tanti in più di noi eppur non cessano di sentirsi orgogliosi delle proprie origini.

Sui napoletani nello specifico la questione diventa spinosa. Qui non si tratta solo di rassegnazione ma di totale incapacità di produrre qualsiasi pur micronico movimento civile e di crescita: al di fuori della elevata minoranza-èlite, il nulla. Un destino che condivide con altre città del centrosud (Roma in particolare somiglia molto per mentalità, ma è salvata dalle istituzioni e dal fatto d'esser ancora capitale) ma che sotto il Maschio Angioino raggiunge nuove vette.
Vette di ostentazione sguaiata di una napoletanità di cui non ci sarebbe nulla da gioire, di grido indegno quando la morte di un popolare artista deve in qualche maniera essere posseduta da una città che non accetta nemmeno la sua sepoltura altrove, bisognosa com'è di idoli, di immagini gloriose che le facciano dimenticare (e contemporanemante non affrontare) i problemi che la attanagliano da sempre, di mancanza di spina dorsale e interesse per tutto ciò che è proprio, dalla terra, alla casa, alla Nazione. Per certi versi la vera capitale d'Italia, colei che la rappresenta in tutti i suoi lati in modo estremo, quelli negativi enfatizzati in maniera ancora più atroce.

Come ho prodotto simili riflessioni? Leggendo questo articolo di una blogger napoletana, scaturito da pensieri sparsi sulla morte di Pino Daniele: un punto di vista sincero, autocritico, di una persona che ha la lucidità per percepire la follia e la superficialità che la circondano. Ne consiglio, ovviamente, la lettura a tutti. Un post in cui mi rivedo molto, da esule, proprio perchè ricordo che, nel mio piccolo, nei miei 25 anni vissuti a casa e rispettando tutte le regole, facevo una fatica mortale, uno stress psicofisico che ha anche influito sulla mia maturazione personale. Incontro napoletani che hanno vissuto il mio stesso disagio, che hanno provato le mie stesse sensazioni di smarrimento, in questo caso li leggo. Un po' come incontro qualche isolatissimo italiano che, come me, vuole bene da morire a questo Paese e soffre, soffre tremendamente nella consapevolezza di essere solo o, quantomeno, accompagnato da pochi altri. 

Quei pochi che, in un certo senso, ci accomunano alla minoranza italica, napoletana o di dove volete che vive sempre nel disagio di avvertire l'Identità in un Paese che un'identità non la sente mai.

Siamo in pochi, ma esistiamo ancora. In Italia come a Napoli. Io continuerò ad esserci anche se dovessi rimanere solo, in queste lande dimenticate da tutti.



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